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Carta dei Diritti: come far coincidere la realtà con le necessità?

“Se il mondo soffrir ti fa

Non devi disperar

Ma chiudi gli occhi per sognar

E tutto cambierà…

I sogni son desideri

Chiusi in fondo al cuore”

 

Così cantava Cenerentola attorniata da cinguettanti uccellini nel cartone animato Disney. Ma quali sono oggigiorno i desideri dei pazienti con emofilia e dei loro familiari? È ancora necessario per loro chiudere gli occhi e sognare che tutto vada bene o invece comincia a prendere piede una nuova realtà più vicina alle loro esigenze?

Da poco ha visto la luce la Carta dei Diritti delle persone con Emofilia in cui sono stati chiaramente elencati e illustrati i punti focali per i pazienti. Punti che dovrebbero rappresentare le basi per una corretta gestione della patologia emofilica. Sono stati evidenziati undici diritti imprescindibili che spaziano dalla manifestazione di una richiesta più teorica come può essere il diritto all’informazione, alla formazione e alla ricerca, alla richiesta di qualche cosa di più concreto come il diritto all’appropriatezza della cura, alla personalizzazione della terapia, alla gestione delle emergenze-urgenze, ecc.; senza però poi trascurare altri aspetti che coinvolgono più il sociale come il diritto all’associazionismo attivo o il politico con il diritto alla semplificazione delle procedure assistenziali.

Il panorama su cui spazia la neo-redatta Carta è dunque ampio, ma quanti di questi diritti sono attualmente espressi nel nostro Paese? Sono questi applicati in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale o ci sono delle disparità a volte dovute alle Regioni che recepiscono in modi e tempi diversi delle linee di indirizzo concordate, a volte dovute invece al fatto che i Centri Emofilia operanti in Italia sono diversi per collocazione (ematologia, trasfusionale, medicina interna, ecc.), per numero di pazienti seguiti, per capacità e possibilità di svolgere ricerca clinica e di base o per tutta un’altra serie di motivi?

La Carta dei Diritti dei pazienti è sicuramente una cosa positiva, un punto di partenza univoco e condiviso da cui partire per garantire a tutti i pazienti ovunque essi si trovino, uno standard terapeutico comune, ma il rischio è che questo documento rimanga un ottimo esercizio di stile se poi non viene applicato ed implementato.

Ma allora sorge spontanea la domanda: come fare ad applicarlo? Ovviamente io non ho tutte le risposte, non conosco le singole realtà locali, non conosco le dinamiche che governano i singoli Centri e le singole Regioni, ma sono comunque certa che per ottenere l’applicazione di quanto per ora è in buona parte solo teorico debba esserci una presa di coscienza reale dei pazienti.

Sono i  pazienti attraverso le Associazioni che  li rappresentano che devono chiedere a chi li cura e a chi li governa di mettere in pratica quanto essi hanno con estrema facilità affermato e avvalorato ponendo la firma sulla Carta dei Diritti.

I pazienti devono esigere un trattamento uniforme. Sia i pazienti che gravitano attorno a Centri Emofilia di grosse dimensioni che quelli che invece afferiscono a Centri più periferici devono avere identica possibilità di accedere alle terapie innovative e sperimentali. Non è corretto che nel ventunesimo secolo con i mezzi che abbiamo a disposizione ci siano ancora pazienti di serie A e di serie B.

Nulla di male sarebbe creare veramente quelle reti assistenziali tanto auspicate da alcuni e tanto temute da altri. Nulla di male sarebbe adottare ovunque un modello Hub and Spoke in cui a un Centro capofila fanno seguito dei centri minori che hanno comunque la possibilità di continuare ad esistere, di operare al meglio e soprattutto di poter fornire ai propri assistiti quelle cure che da soli non potrebbero dare.

La medicina di oggi non è più quella di uno, due o tre decenni fa, tutto cambia velocemente dall’approccio al paziente, ai trattamenti (farmacologici e non), alla possibilità di conoscere in tempo reale quello che viene fatto al di fuori dagli Italici confini, fondamentale è quindi avere il coraggio di cambiare, di fare quei passi avanti che ancora restano solo sulla Carta.

I pazienti quindi devono essere il motore di questo cambiamento, quelli che danno la spinta per andare avanti, sono loro i più interessati ad avere una macchina intera che funziona e funziona a pieno regime, sono i pazienti che dovendo convivere con la patologia emofilica devono pretendere che sia permesso loro di condurre una vita quanto più vicina alla normalità.

I Centri emofilia, e in particolare chi qui opera, magari dalla loro fondazione, devono invece avere il coraggio di cambiare, di collaborare (veramente!), di guardare al bisogno del paziente che come sempre dicono “deve essere al centro” e non avere paura di perdere qualcosa, tanto comunque un po’ alla volta qualcosa andrà comunque perso, il mondo cambia, la gente cambia, nulla è eterno, anche se alcuni lo credono, tanto vale quindi essere al passo con questi cambiamenti e dare ai pazienti quello di cui LORO hanno veramente bisogno.

I sogni sono desideri”, ma possono essere realtà qualora lo si voglia, magari non tutti, magari non subito, ma possono diventarlo, basta iniziare a chiederlo e iniziare a costruirlo…insieme.

 

dr.ssa Samantha Pasca

Centro Emofilia di Padova

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