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A LEZIONE DI “SCUOLA FEDEMO”

Giovedì 27 giugno mi sono recato nella splendida Trieste per partecipare al convegno “Emofilia: la certezza della cura”, che ha riunito vari esperti del mondo dell’emofilia e del volontariato per discutere di molteplici tematiche inerenti alla patologia, ponendo un particolare accento sui progressi della terapia sostitutiva, della sua personalizzazione e dell’accesso alle cure per i pazienti.
Non essendo io propriamente conosciuto (per ora) come un luminare del mondo dell’emofilia, vi starete chiedendo quale sia stata la mia utilità in tutto questo.
Ebbene, proverò con queste poche righe, a rispondere alla domanda.
Insieme ai miei due compagni di viaggio, Rosedwige e Matteo, ho avuto l’onore e l’onere di poter presentare alla platea di Trieste, la mia esperienza a “Scuola Fedemo” spiegando quanto questo progetto abbia significato per noi.
Ma partiamo dall’inizio.
Scuola Fedemo è un percorso formativo e culturale che la Federazione ha avviato nel 2016 insieme a Fondazione Campus e il contributo di Kedrion.
Nel 2018 si è concluso il primo (e speriamo non ultimo) triennio.
In questi tre anni, un gruppo di ragazzi tra i 18 e i 30 anni (aumentato esponenzialmente di numero negli anni), ha avuto la possibilità, attraverso lezioni frontali e progetti concreti, di affrontare temi di rilievo per lo sviluppo di una dirigenza associativa consapevole e in grado di sostenere le campagne e i diritti dei pazienti emofilici nel nostro Paese.
Ora che la prima “classe” si è brillantemente diplomata, ci è stato chiesto di recarci a Trieste per poter parlare, a nome del gruppo, della nostra esperienza in questi tre anni.
Durante il Convegno, alla domanda della presidente Cristina Cassone su cosa avesse significato per noi “Scuola Fedemo” e cosa avessimo portato a casa da quell’esperienza. Come quando dopo anni riapri quel vecchio scatolone che tieni lassù in soffitta, nella mia mente hanno iniziato a scorrere immagini e riflessioni.
In primo luogo “Scuola Fedemo” ha rappresentato per molti la rampa di lancio verso una partecipazione sempre maggiore nella vita associativa locale: alcuni di noi sono diventati membri dei direttivi, altri Presidenti delle proprie associazioni.
Ciò è stato possibile grazie agli strumenti e gli insegnamenti che “Scuola Fedemo” ci ha fornito in questi tre anni e all’impegno di tutti i partecipanti nel non lasciare tali nozioni puramente teoriche, ma dandone concreta applicazione all’interno delle proprie realtà territoriali.
Allo stesso tempo, nel corso di questi tre anni, attraverso Scuola Fedemo abbiamo avuto la possibilità di conoscere realtà molto diverse tra loro e soprattutto ragazzi, nostri coetanei, provenienti da tutta Italia.
In poco tempo si è creato un gruppo solido, che ha impiantato le proprie radici in un terreno ricco di fiducia e condivisione e che ha fatto fiorire forti legami di amicizia.
Ciò ha fatto si che si formasse una rete, a livello nazionale, di giovani volenterosi e pronti a condividere proposte, progetti e idee, con un unico obiettivo: migliorare la vita dei pazienti emofilici in Italia.
Infine, ciò che per me ha rappresentato il vero punto di forza di Scuola Fedemo, è stato permettere a noi giovani di metterci realmente in gioco: diversamente da quanto spesso accade quotidianamente, che non appena usciti dall’aula di scuola o università già non ricordiamo che corso stessimo seguendo.
Alle nozioni apprese durante le lezioni di Lucca è stata data vera e concreta applicazione attraverso progetti realizzati totalmente dai partecipanti, tra i quali, particolarmente di successo, la campagna social di “FedemoGiovani”, grazie alla quale la pagina facebook ha visto triplicare il numero di interazioni.
Per la prima volta, forse, ci siamo sentiti parte attiva di questa realtà.
Di conseguenza non posso fare altro che ringraziare, a nome di tutti, chi ha permesso tutto ciò, chi ci ha sostenuto e ha avuto il coraggio di credere in noi.
Ma soprattutto non posso non ringraziare i miei compagni d’avventura, senza i quali niente sarebbe stato possibile.
Probabilmente quel vecchio scatolone impolverato ricolmo di questi ricordi lo aprirò più spesso del previsto.
Meglio toglierlo dalla soffitta!

Lorenzo Ghirardi

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