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I TALASSEMICI COSENTINI CHIEDONO RISPETTO DEI DIRITTI D’ASSISTENZA

“Molte testate regionali Calabresi descrivono la condizione dei talassemici cosentini e del concetto, che si ha della cura alle nostre latitudini.  
La percezione sul livello della qualità di cura cambia in base alle proprie abitudini ed esperienze, le nostre, che prevedono l’abbandono, il disprezzo, la negazione del diritto dei malati e abbassano a livello zero la nostra personalissima asticella, ma alza al massimo il nostro bisogno di aiuto.
La nostra solitaria navigazione nella disperazione quotidiana e la sensazione di essere predestinati al disagio, arriva quasi all’accettazione di essa assumendola come inevitabile.
Questa angoscia si è mitigata soltanto con la consapevolezza dell’esistenza di UNITED ed i successivi contatti con essa ci ha portato a capire che i nostri desideri di rispetto, dignità e cure adeguate non erano e non sono accessorie, ma un diritto inalienabile e l’incapacità delle nostre istituzioni a fornirle è soltanto un aspetto conseguente e tra i più odiosi,  della fantomatica  malasanità, entità quasi mitologica, spesso citata, mai compresa dai più, ma così scontata per noi..  così  tanto da assuefarci ad essa.
Quello che stiamo provando goffamente a condividere e che spesso si rischia di dare per scontato conquiste e situazioni che per altri, come noi, sono ancora sfocate speranze e che solo realtà come UNITED possono portare speranze anche in quei posti come i nostri, dove inefficienza e abbandono sono le risposte.  
Per questo UNITED  va sempre rispettata e magari, anche perdonata se necessario, e se commette qualche errore, ma sostenuta sempre, perché i diritti non sono, come i diamanti… per sempre, ma se conquistati vanno difesi, e se assenti vanno rivendicati con tutta la forza che ci è dato avere e siamo forti … ma forti davvero se UNITED è forte…
Tutto questo può sembrare una concessione alla banalità, ma forse… a volte… è necessario dire e ricordare cose così…. scontate e banali, tanto evidenti quanto trascurate,  ma che sono le fondamenta su cui sono costruite le nostre certezze, ma che smettono di essere tali se ogni tanto, non troviamo un momento per ricordarlo a noi stessi.
Questo è uno di quei momenti”.


Chiedevano di poter essere finalmente curati correttamente, si sono visti togliere le poltrone venendo letteralmente cacciati per strada.
Questa, seppur incredibile è esattamente l’estrema sintesi di quello che devono subire, loro malgrado, i thalassemici presso l’Ospedale di Cosenza.
Si è tanto parlato in questi mesi di Sanità Calabrese malata evidenziando conti e cifre che non tornano; ma il cuore del problema, forse, risiede più in profondità, vicino ai malati essendo più affine all’etica che ad una partita di bilancio e proprio per questo il nostro caso è emblematico quasi “educativo”.
Dopo essere stati spogliati di tutto, Reparto, Cure competenti, presa in carico, Medico competente, strutture degne (sottratte per farne uffici vuoti) ed essere portati in ambienti inadeguati dove viene violata bellamente ogni diritto alla privacy, i Thalassemici della Nostra associazione hanno lottato per ben due anni con dignità e senza cercare clamore, chiedendo solo di non essere più abbandonati a se stessi, e puntando sulle responsabilità delle competenti istituzioni Sanitarie che alla fine, interpellate, verificano e rispondono interagendo con i Responsabili Ospedalieri e del Centro Trasfusionale, (dove sono in “cura”), indicando le criticità e disponendo, perentoriamente, le correzioni .
Ebbene questo evidentemente percepito come uno “smacco”, deve essere stato davvero mal digerito dal responsabile del Centro Trasfusionale che in questi anni ha sempre negato ogni criticità e per tutta risposta, ha pensato bene di modificare le procedure d’accesso al reparto, architettando per i talassemici una trafila infinita (ben 5 ore d’attesa minimo, solo per cominciare la terapia, caso unico in Italia) ed addirittura negando la fruizione delle poltrone trasfusionale e degli ambienti dell’Ambulatorio (se non solo al momento finale della trasfusione) cacciando letteralmente i malati dal reparto e costringendoli ad attendere in strada con 33 gradi all’ombra (in compenso quest’inverno saranno molti molti di meno) con un ago cannula diritto piantato nel braccio senza nessun monitoraggio medico, rischiando infezione o incidenti con gli avventori che affollano le aree antistanti la struttura.
Una situazione pericolosa e kafkiana che il primario del Centro Trasfusionale giustifica con motivi di sicurezza….

Noi non siamo riusciti a comprendere la sicurezza di chi ci si propone di tutelare così facendo, di certo non si parla della sicurezza dei pazienti thalassemici (ma questo vale per qualsiasi altro malato) che necessiterebbero di un approccio esattamente opposto a quanto disposto per essere minimamente tutelati.
E chi non ci sta…?
Niente paura si chiama la Polizia che, da buoni padri di famiglia capiscono la situazione, ma non possono fare altro che il loro dovere.
E quindi ben ci sta (come c’è stato detto in faccia tante volte)…
Proprio così ci siamo meritati prevaricazioni e disagi, perchè se fossimo stati in silenzio questo non accadeva e sarebbe rimasto tutto come prima “…che è meno peggio di ora”… beh a noi viene la pelle d’oca solo a sentire un concetto come questo, che ci ispira inquietanti assonanze e che rientravano nel normale agire di personaggi familiari a tutti durante le frequentazioni scolastiche ….ma quelli li chiamavamo bulli e nulla avevano a che fare con la salute e la vita (nella sua accezione più classica) delle persone.
I thalassemici Cosentini che ogni 7/15 giorni devono sottoporsi a questa delicata terapia Trasfusionale salvavita e lo devono fare per il resto della vita, sono ormai abituati ad ogni sorta di privazione, ma non accetteranno l’inaccettabile e chiederemo con ancor più forza il rispetto dei diritti minimi, perchè ormai non abbiamo più nulla da perdere e ci terremo stretta quella dignità che ci ispira ed è nostro ultimo patrimonio.

Il Consiglio Direttivo ATCs
Branca Angiolina, Luzzi Daniele, Pasqua Roberto, Lo Curzio G.B., Amendola Caterina

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