Il lavoro dal titolo “Hepatocellular carcinoma in adult thalassemia patients: an expert opinion based on current evidence” è firmato da Alessandra Mangia dell’Unità di Epatologia dell’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo, Davide Bellini del Dipartimento di Radiologia Oncologica dell’Università “La Sapienza” di Roma, Umberto Cillo dell’Unità di Chirurgia Epatobiliare e chirurgia dei trapianti dell’Università di Padova, Andrea Laghi del Dipartimento di Scienze Chirurgiche e Medicina Traslazionale dell’Università “La Sapienza” di Roma, Giuseppe Pelle del Dipartiemto di Radiologia diagnostica e interventistica dell’Ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina, Vanna Valori dell’Unità di Oncologia dell’IRCCS “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo e Eugenio Caturelli dell’Unità di ecografia diagnostica ed interventistica della Gastroenterologia dell’Ospedale “Belcolle” di Viterbo.
LA DIAGNOSI E IL TRATTAMENTO IN 13 PUNTI
La pubblicazione, promossa e supportata dall’associazione ALT Rino Vullo di Ferrara, offre una guida pratica in 13 punti chiave alla diagnosi e al trattamento loco-regionale o sistemico dell’epatocarcinoma.
Il panel di esperti, composto da gastroenterologi, radiologi interventisti, un chirurgo dei trapianti e un oncologo, ha esaminato la letteratura scientifica esistente applicando il metodo Delfi per estrapolare gli aspetti peculiari nella diagnosi e nel trattamento dei pazienti con epatocarcinoma associato a beta-talassemia.
In seguito all’allungamento della durata di vita dei pazienti talassemici registrato negli ultimi 20 anni, si è osservato l’emergere di complicazioni sconosciute in passato, delle quali l’epatocarcinoma rappresenta una delle più temibili.
Il rischio di sviluppare un epatocarcinoma nei pazienti talassemici è conseguenza delle infezioni da virus epatitici ed in particolare da HCV contratte da trasfusioni di sangue ricevute prima degli anni ’90, ma anche della condizione di sovraccarico epatico di ferro.
Sebbene la prevalenza e l’incidenza di epatocarcinoma non differiscano fra pazienti talassemici e non talassemici, esiste il rischio che la neoplasia primitiva del fegato nei pazienti con talassemia insorga in un’età più giovane rispetto ai pazienti non talassemici.
UNA GESTIONE MULTIDISCIPLINARE
La gestione multidisciplinare e l’adozione di indicazioni uniformemente condivise nei diversi centri per il trattamento della talassemia deve essere tale da assicurare la terapia migliore per il singolo caso.
In qualsiasi centro, in caso di presenza di lesione epatica, il paziente dovrebbe essere seguito oltre che dal talassemologo anche dall’epatologo ed affidato a seconda della classificazione della lesione alle cure di specialisti diversi che includono il radiologo interventista, il gastroenetrologo/epatologo interventista o l’oncologo.