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LA VALUTAZIONE DEL FERRO EPATICO NEL TALASSEMICO

Il seminario è stato organizzato dalla dott.ssa Rita Gamberini, Dirigente Medico del Day Hospital  della Talassemia di Ferrara e dall’Associazione “Rino Vullo”, per controllare con il prof. Aurelio Maggio, direttore della Unità di Ematologia II della Azienda Ospedaliera Cervello di Palermo, le peculiarità di queste due tecniche impiegate nella risonanza magnetica epatica per la valutazione del deposito marziale, in seguito a risultati controversi ottenuti su una gruppo di pazienti talassemici del Centro per la cura della talassemia di Ferrara.

Nel primo intervento della dott.ssa Elisabetta Chiodi, della Radiologia  e del dr. Davide Cavedagna, tecnico della stessa radiologia, sono state descritte le caratteristiche tecniche con cui vengono acquisite le immagini nelle due diverse metodiche e successivamente sono stati mostrati i risultati ottenuti su sette pazienti in cui il ferro epatico è stato misurato con entrambi parametri multi-echo T2* e R2 Ferriscan.
In tre talassemici le due metodiche hanno dato una classificazione del deposito contrastante.
Moderato per T2* a severo con R2 e viceversa.

A questo punto allertati dai risultati, la dott.ssa Chiodi e il tecnico Salvarani hanno avviato le procedure per controllare che a livello tecnico nell’eseguire la metodica T2* si fosse proceduto regolarmente, ottenendo esito positivo nel test.

Per la metodica R2, essendo una tecnica brevettata, non si sono potuti fare controlli “in casa”; infatti il protocollo di adesione prevede l’iscrizione del centro al sito http://www.resonancehealth.com/resonance/ferriscan, la verifica che la macchina da risonanza sia adatta ad avviare il protocollo R2, solo ad allora la ditta responsabile accredita il Centro inviando il protocollo per acquisizione delle immagini e un “fantoccio” necessario per la calibrazione della macchina.

Questo “fantoccio” è una scatola in cui sono contenute 15 fiale di una soluzione di magnesio cloruro e le concentrazioni della soluzione sono preparate in modo da coprire i valori di R2 tipicamente trovati in individui normali e in pazienti con sovraccarico di ferro.
Viene scansionato secondo il protocollo R2 e le immagini inviate per la validazione.
Ottenuta l’approvazione da parte della Resonance Health è possibile iniziare l’analisi sui pazienti.

L’esame prevede tempi più rapidi ed è condotta a respiro libero.
Le immagini ottenute vengono inviate tramite il sito internet alla ditta che provvederà a processarle ed ad inviare i risultati al Centro.
Non è noto però se queste immagini subiscano una elaborazione detta “post-processing” per eliminare quegli artefatti dovuti alla respirazione del paziente come viene fatto per le immagini utilizzate per il T2*.

La dott.ssa Chiodi vista la difficoltà di intervenire sui risultati ottenuti con protocollo R2 ha paventato la necessità di fare uno studio per confrontare le due metodiche.

LA DIFFERENZA ESISTENTE FRA LE DUE METODICHE
Il Prof. Maggio ha cercato di fare chiarezza sulla differenza che intercorre tra le due metodiche.
La metodica definita “Gold Standard” per la misurazione del ferro epatico è la biopsia anche se questa tecnica come già sappiamo presenta delle criticità, in quanto il tessuto epatico non accumula il ferro in modo omogeneo, la fibrosi presente ostacola l’accumulo del ferro e non ci da una misura accurata, è una metodica invasiva che il paziente non accetta di buon grado come routine.

Nonostante ciò viene utilizzata come metodo per ottenere delle curve di calibrazione che mettano in relazione il valore di T2* con la concentrazione di ferro epatico in un numero più o meno elevato di pazienti.
Attualmente esistono ben sei curve di calibrazioni descritte in pubblicazioni scientifiche a cui ci si basa per valutare il paziente.
Nel progetto MIOT si considera quella descritta da “Wood et al” in cui 23 pazienti sono stati selezionati e sottoposti contemporaneamente a biopsia epatica e RMN T2*.
Come ha fatto osservare il prof Maggio, c’è una enorme variabilità tra le curve tanto che un T2* di 2,5 ms può rappresentare una concentrazione di ferro epatico che va da 5,4 a 26,4 mg/g tessuto secco.

Tutto ciò implica una scarsa standardizzazione della metodica del T2* utilizzato in RMN.
Sarebbe necessario che ogni centro si costruisse una propria curva di calibrazione sui pazienti seguiti sottoponendoli a Risonanza Magnetica, utilizzando sempre la stessa macchina, in quanto anche il tipo di macchina introduce una variabilità in più nella costruzione della curva, e a biopsia epatica.
La metodica dell’R2 invece non necessita di curve di calibrazione ottenute con biopsia epatica in quanto la calibrazione avviene con il fantoccio in cui le concentrazioni del metallo sono ben definite ed è quindi più robusta, inoltre costantemente monitorata dal centro australiano che analizza le immagini.

Un’altra differenza sostanziale tra le metodiche è che mentre la T2* scansiona una piccola parte del fegato e qui bisogna essere accorti nell’evitare le zone fibrotiche, la metodica R2 da una valutazione globale dell’organo, in più, mentre la metodica T2* ci fornisce una categoria dell’accumulo di ferro nel paziente (lieve, moderato, severo), la metodica R2 ci fornisce una concentrazione per grammi di tessuto secco.

La metodica Ferriscan ha dimostrato, in due diversi studi in cui sono stati inclusi 105 e 233 pazienti una correlazione lineare con la LIC ottenuta per biopsia con una specificità e sensibilità vicini al 100%, facendo di questa metodica quella di scelta per studi randomizzati e trials clinici essendo i risultati riproducibili nel tempo, tra i diversi centri e tipi di macchine da risonanza.

Allora cosa fare nel caso di pazienti con esiti controversi tra le due metodiche?

Secondo il prof Maggio sarebbe il caso di sottoporli ad una biopsia epatica e, sempre secondo il suo parere, è sbagliato mettere le due metodiche sullo stesso piano ed utilizzarle indifferentemente l’una dall’altra.
Possono essere utilizzate in parallelo per vedere l’andamento del sovraccarico marziale nel tempo o in casi particolari in cui non si riesca a fare un quadro chiaro di tale andamento e si sospetta che il paziente stia andando verso una condizione di “iron overload”e quindi si prenda in considerazione la possibilità di cambiare la terapia chelante.

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