articoli

POTREMO ELIMINARE
IL VIRUS DELL’EPATITE C?

L’EDITORIALE DI EPAC
“A gennaio 2014 l’Agenzia Europea per i farmaci ha approvato il Sofosbuvir, il primo di una lunga serie di farmaci potentissimi in grado di eliminare il virus dell’epatite C nella quasi totalità dei pazienti in pochi mesi e con modestissimi effetti collaterali.
Nel giro di un paio di anni, oltre al Sofosbuvir, ci aspettiamo l’approvazione anche di altre combinazioni di farmaci da assumere per via orale, senza Interferone, con o senza Ribavirina.
Stiamo dunque vivendo una svolta storica, qualcosa che accade raramente.
È una possibilità straordinaria per tutti quei pazienti che non hanno più opzioni terapeutiche, come pazienti intolleranti all’interferone, in cirrosi scompensata o in lista d’attesa per il trapianto.
Per questo motivo, l’approvazione sulla rimborsabilità del Sofosbuvir è attesa con trepidazione da migliaia di pazienti.
Ne sappiamo qualcosa noi di EpaC perché riceviamo quotidianamente richieste di chiarimento a riguardo.
Quello che possiamo dire è che ci stiamo impegnando a fondo a velocizzare al massimo le procedure burocratiche e siamo in costante contatto con le associazioni scientifiche e il nostro ente regolatorio (AIFA).
Su tutto ciò incombe il solito, grande problema.
Le risorse economiche disponibili. Non è certo un segreto che i nuovi farmaci avranno, inizialmente, costi molto elevati.
Questo fatto imporrà delle scelte da effettuare sui pazienti da curare subito e pazienti che dovranno aspettare.
Naturalmente noi ci opporremo a qualunque tipo di restrizione di accesso basata su problemi di budget e non su motivazioni di natura scientifica.
È ormai chiaro che per consentire a tutti i pazienti di accedere subito alla terapie innovative  serviranno alcuni miliardi di euro.
Solo il Ministero della Salute, con l’avallo del Governo, potrà decidere di stanziare queste grosse somme di denaro.
Deve diventare un tema politico, e proprio su questo punto concentreremo i nostri sforzi futuri.
Dopo tanti anni di battaglie, ce lo meritiamo tutti noi…BASTA!! MORIRE DI EPATITE C”.


L’INTERVISTA AL PROF. ANTONIO CRAXI

Prof. Craxì, Lei esercita la sua professione da molti anni e ha vissuto in prima persona tutta la storia del virus dell’HCV, dalla sua scoperta ai giorni nostri.
Come sta vivendo il grande cambiamento del paradigma curativo sull’epatite C con i nuovi farmaci ad azione diretta?
“Lo vivo con grande eccitazione, ma anche con qualche ansia. Venticinque anni fa, quando dopo la scoperta del virus dell’epatite C e la massa a punto del test siamo stati in grado di identificare l’HVC come il responsabile della maggior parte delle epatiti croniche e delle cirrosi nei pazienti che seguivamo, non avrei mai ritenuto possibile una soluzione di cura applicabile a tutti.
Dopo oltre due decenni di ricerche, che hanno fatto comprendere i modi di replicazione del virus e i possibili punti di attacco delle terapie, stiamo finalmente per arrivare ad una offerta di farmaci potenzialmente in grado di guarnire la grande maggioranza delle persone che abbiano contratto l’HCV, in qualunque stadio della malattia.
Gli anni di uso delle terapie basate su Interferone e Ribavirina, che pure avevano reso possibile eradicare il virus in una percentuale significativa di pazienti, hanno però mostrato in maniera drammatica che il vero limite di ogni terapia è la sua applicabilità nella vita reale.
Se il 60-70% dei portatori cronici di HCV non possono essere sottoposti ad una terapia contenente Interferone, o perché la malattia del fegato è troppo avanzata e gli effetti avversi prevedibili troppo gravi, o per altre controindicazioni, allora, anche ammettendo che la cura con Interferone e Ribavirina elimini stabilmente l’HCV nel 50% dei trattati, la percentuale reale di cura sarà del 15-20%.
Anche le terapie con Boceprevir e Teleprevir assieme ad IFN (interferone) e Ribavirina non hanno migliorato di molto la situazione, dato che ad un aumento della efficacia corrisponde in parallelo un aumento degli effetti collaterali, e dunque rimangono esclusi dall’uso i pazienti con malattia più avanzata (quelli che ne avrebbero più bisogno!) e chi abbia un’infezione da HCV di genotipo diverso dall’1.
Lo sviluppo dei farmaci innovativi ad azione diretta (Direct Acting Antivirals, DAA), che tende sempre di più a terapie per via orale, di breve durata e scarsi effetti collaterali, nella maggioranza dei casi senza più l’uso dell’Interferone, apre un orizzonte di possibilità quasi illimitate di cura ed un potenziale di arresto della progressione di malattia quasi in ogni fase, come abbiamo già visto accadere per l’epatite B (anche se nel contesto diverso della soppressione permanente della replicazione virale, ma non della completa eliminazione del virus come accade oggi per HCV)”.

A proposito di questo nuovo farmaco, diversi pazienti ci hanno chiesto informazioni per andare ad acquistarlo all’estero, senza aspettare l’approvazione di AIFA.
Quale è la sua opinione a riguardo?
“Non mi sembra un’opzione praticabile.
I costi di una terapia con solo Sofosbuvir, sul libero mercato, andrebbero dai 50.000 ai 100.000 euro, secondo la durata, mentre l’aggiunta di Simeprevir, che a mio giudizio sarebbe necessaria nei pazienti con genotipo 1 e fibrosi significativa, aumenterebbe il conto di altri 35.000 euro.
A fronte di questi costi, e delle difficoltà comunque legate al reperimento dei farmaci all’estero, non mi sento di consigliare a nessuno di seguire questa via.
Per chi abbia una reale urgenza clinica di cura, l’unica via realistica da seguire è un contatto con i Centri Specialistici presenti sul territorio nazionale.
In tali sedi, in base al grado di urgenza e alle opportunità disponibili, potrà essere valutata l’immissione in programmi di uso c.d. “compassionevole” per pazienti con malattia avanzata o la partecipazione a studi clinici in corso sulle nuove molecole”.

Dal suo punto di vista, quali sono i pazienti ideali a curare subito con il Sofosbuvir?
“Pazienti con trapianto epatico per malattia da HCV e recidiva grave dell’infezione, in particolare epatite colestatica fibrosante;
pazienti con cirrosi da HCV in lista di attesa per trapianto;
pazienti con cirrosi epatica in progressione clinica di malattia, specie se di età inferiore a 65 anni”.
È ipotizzabile che tutti i pazienti, da ora in avanti, desiderino curarsi con i nuovi farmaci di “seconda generazione” ma questo porterà ad un problema di sostenibilità. In altre parole non ci saranno le risorse economiche per curare tutti e subito. Dal suo punto di vista quale potrebbe essere un compromesso ideale?
“È praticamente certo che nessuno voglia sottostare alle sofferenze di terapie prolungate e piene di effetti collaterali quando saranno disponibili le nuove terapie.
Quindi è difficile indicare soluzioni di compromesso che neghino in assoluto il diritto all’accesso a cure efficaci e innocue a chi è portatore di una infezione da HCV asintomatica, il cui comportamento futuro è in larga misura ipotizzabile, ma non esattamente prevedibile nel singolo paziente. Personalmente ritengo che le tappe da seguire a livello individuale e con il supporto di specialisti competenti, siano:
1 – stadiazione esatta della patologia e valutazione indiretta (Fibroscan) e dove necessario diretta (biopsia) dello stadio di fibrosi della malattia.
2 – valutazione della prognosi di malattia nel breve e medio termine.
3 – pesatura, anche in base ad elementi personali (impatto delle terapie attuali sullo  stato di salute generale, sulle relazioni, sul lavoro; peso dell’infezione come fattore condizionante la propria vita) delle opzioni terapeutiche.
4 – scelta realistica di un trattamento o dell’attesa”.

Il prof. Craxì, in conclusione della sua intervista e rispondendo alla domanda se questa possa essere una svolta epocale ha risposto innanzitutto con una frase che Henry Ford pronunciò più di un secolo fa: “C’è un vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventa per tutti”.
Ha poi affermato che per il nostro paese la svolta epocale avverrà quando le terapie innovative diventeranno disponibili per tutti e gestibili con facilità al di fuori dei Centri Specialistici.
“In questo contesto – ha concluso – uno screening universale che evidenzi il “sommerso” dell’infezione cronica da HCV (si stima che oltre l’80% dei portatori non sa di esserlo) dovrà diventare un imperativo etico per la sanità pubblica”.


Il Ministro della Salute Lorenzin, in occasione di una visita ad uno stabilimento farmaceutico, il 6 maggio ha fatto alcune dichiarazioni. La prima, nella quale ha affermato che: “…non possiamo accettare che i farmaci proprio perché costosi siano dati seguendo criteri selettivi come succede in altri paesi”.
Concludendo il suo intervento ha anche dichiarato: “Dobbiamo far comprendere ai cittadini che stanno arrivando farmaci che salvano vita delle persone con grande impatto anche umano che però sono decisamente costosi”. Ha così concluso: “Non posso accettare che i farmaci proprio perché costosi siano dati seguendo criteri selettivi come succede in altri paesi. Noi abbiamo una cultura che non dobbiamo perdere, che pone al centro l’uomo, e non posso accettare il fatto che i farmaci vengano dati con politiche selettive, solo ad alcuni malati. Il criterio di sussidiarietà resta fondamentale”.
Per questo il ministro Lorenzin “tratterà sul prezzo con le aziende”.
A questo ragionamento la Lorenzin ha legato la necessità di una riforma dell’AIFA che “così com’è strutturata non riesce a dare l’autorizzazione per l’immissione in commercio di un farmaco in tempi brevi”.

Tag:

Si ringraziano Roche S.p.A. e
CSL Behring S.p.A. per il loro contributo incondizionato alla realizzazione del ChatBot.