storia
2007: SIAMO SEMPRE AL SERVIZIO DEI LETTORI, NEI “PALAZZI”, NELLA RICERCA, CON IL VOLONTARIATO

SCOPERTE NEGLI U.S.A. CELLULE STAMINALI NEL LIQUIDO AMNIOTICO

Abbiamo parlato di cellule staminali nel numero di settembre dell’anno scorso e continueremo a parlarne senza preclusione per nessuno ricordando però a chiare lettere che stiamo dalla parte dei malati.

Torniamo alla notizia spiegando, per coloro che non lo sapessero che il “liquido amniotico” dove sono state scoperte le staminali, altri non sono che le così dette “acque” che si rompono prima del parto.
In quello stesso liquido l’embrione cresce e si sviluppa ed insieme a lui “galleggiano” le staminali. Molto semplice quindi prelevarle attraverso una semplice siringa. Un prelievo come si fa per la amniocentesi.
Da diversi anni i ricercatori dell’Università di Harvard e dell’Istituto di Medicina dell’Università di Wake Forest sapevano che il liquido in cui cresce il feto contiene cellule immature ma non era chiaro che fossero staminali vere e proprie.
In pratica, capaci di differenziarsi come le embrionali in cellule di tessuti, muscoli, nervi e ossa.
Gli scienziati questa volta non si lasciano andare a facili entusiasmi perché sanno che saranno necessari anni per poter effettuare esperimenti sugli esseri umani.
Il vantaggio è comunque rappresentato dalla facilità di reperimento delle cellule per dar modo alla ricerca di procedere più in fretta.
Il prof. Giulio Cossu, Direttore dell’Istituto di Ricerca sulle staminali del San Raffaele di Milano, afferma che “…è troppo presto per buttare all’aria tutto il resto della ricerca. Se i dati sono confermati ed estesi saranno un bel passo avanti una cellula pluripotente senza usare gli embrione. Sarebbero risolti molti problemi etici, ma non tutti.
Infatti per chi è già nato e per molti di quelli che nasceranno disponibili. Si dovrebbe predisporre una raccolta sistematica del liquido per ogni nato. Impensabile che il sistema sanitario sia in grado di organizzare banche in modo che ogni neonato abbia le sue cellule staminali amniotiche da usare all’occorrenza. Quindi in pratica conviene, al momento, continuare la ricerca sulle embrionali”.
Ecco perché siamo critici quando si leggono titoli come: “Alla ricerca non serve sacrificare embrioni”, oppure: “Questa ricerca dimostra che la legge 40 è giusta”.
Ed a proposito di Europa, in conclusione pubblichiamo un documento dell’EURORDIS, un’organizzazione europea per le malattie rare guidata da pazienti, non governativa, dedicata a migliorare la qualità di vita di tutte le persone che vivono con le malattie rare in Europa e che rappresenta 260 organizzazioni in oltre 30 paesi, coinvolgendo 1000 malattie e dando voce a 390 milioni di pazienti.

COME CURARE AL MEGLIO L’ACCUMULO DI FERRO NEI TALASSEMICI

Per quanto riguarda la talassemia i progressi in questi anni sono stati notevoli. Il problema maggiore per loro è sempre stato l’accumulo di ferro nell’organismo dovuto alle continue trasfusioni di globuli rossi. Per questo abbiamo rivolto alcune domande al dott. Stefano Rivella.

Un’equipe guidata da un ricercatore italiano ha chiarito il motivo per cui nella talassemia c’è un accumulo di ferro nell’organismo.
Un gruppo di ricercatori del Weill Medical College della Cornell University, sotto la direzione del dottor Stefano Rivella, uno scienziato di Torino che dopo gli studi a Pavia si è trasferito negli Stati Uniti, ha individuato il meccanismo genetico che causa il sovraccarico di ferro nei pazienti affetti da questa malattia, nota anche con il nome di anemia mediterranea.
Una delle complicanze più serie è l’accumulo di ferro in organi come il fegato, il cuore e le ghiandole endocrine, che può causare cirrosi epatica, cancro, collasso cardiaco, diabete, osteoporosi e danni alla crescita.
Per queste ragioni il paziente dev’essere sottoposto di continuo a terapie di chelazione del ferro per eliminarne la presenza in eccesso dall’organismo.
“Si era sempre creduto – spiega il dottor Rivella – che il sovraccarico di ferro che si riscontra nella beta-talassemia fosse dovuto solo alle trasfusioni. Ma da alcuni anni gli esperti avevano cominciato a notare che perfino i pazienti con beta-talassemia intermedia non sottoposti a trasfusioni presentavano elevati livelli di ferro dovuti ad un amento di 3-4 volte dell’assunzione attraverso l’intestino”.
L’eccessivo accumulo di ferro doveva quindi risalire anche ad altre cause.
Quali?

ASSORBIMENTO AUMENTATO – una delle novità di questa ricerca è la scoperta che l’assorbimento del ferro è regolato da tre fattori: il livello di anemia, la quantità di ferro già presente nell’organismo e la quantità di epcidina e ferroportina.
Queste due proteine agiscono rispettivamente come “sensore” dei livelli di ferro e di “trasportare” delle molecole di questa sostanza attraverso l’intestino.
“Abbiamo notato”, precisa Rivella, “che nelle talassemie i geni che controllano le due proteine epcidina e ferroportina sono sbilanciati. Di conseguenza, il corpo consente un eccessivo ingresso di ferro attraverso, l’intestino, fino a raggiungere livelli patologici”.
Esistono ragioni legate alla stessa malattia che incoraggiano l’assunzione eccessiva di ferro. Nei topi da laboratorio normali, resi anemici in maniera transitoria, la quantità di epcidina diminuisce, perché il ferro è richiesto dall’organismo per produrre i globuli rossi mancanti.
Se nei topi invece si inietta del ferro, il livello di epcidina sale, allo scopo di prevenire un accumulo di ferro eccessivo.
Nei casi di talassemia tutto questo delicato equilibrio è invece sconvolto e l’anemia coesiste con il sovraccarico di ferro.
Come mai?

CURA SPERIMENTALE – Per chiarire il mistero, i ricercatori hanno deciso di misurare il sovraccarico di ferro in topi geneticamente modificati per riprodurre i vari livelli di beta-talassemia e il dottor Rivella ha addirittura “inventato” il primo esemplare di topo affetto dalla beta-talassemia major.
Allo scopo di riprodurre il più possibile le condizioni dei pazienti umani, la dottoressa Gardenghi ha inoltre effettuato per mesi trasfusioni su topi affetti da talassemia, migliorando l’anemia e studiando i corrispondenti livelli di epcidina e ferroportina e il sovraccarico di ferro in tali condizioni.
La novità più importante di questa scoperta è la possibilità di tenere l’assorbimento di ferro sotto controllo regolando il livello di epcidina nel sangue.
Da qui, in un secondo momento, si spera di arrivare allo sviluppo di terapie per il controllo dell’assorbimento e l’accumulazione del ferro non soltanto nella talassemia ma anche in altre forme di anemie.

SUPPORTO PSICO-SOCIALE DELLE PERSONE CON TALASSEMIA

Al IV convegno nazionale della So.S.T.E. tenuto a Roma nel novembre 2006, è stato distribuito un volumetto pubblicato con il contributo della Fondazione “Giambrone” che comprende tutte le attività del biennio 2005/2006.
Ci sembra importante pubblicare, con l’autorizzazione degli autori, quelle che vengono definite: “Raccomandazioni per il supporto psico-sociale dei soggetti con talasssemia”.
Abbiamo colto la novità, nella prefazione firmata da Angela Jacono e Aurelio Maggio, nella frase che dice: “…non si parlerà più di talassemici ma di soggetti con talassemia, a sottolineare il cambiamento netto nella prognosi di questa malattia avvenuto in questi ultimi anni.
La seconda novità è che nella stesura di queste raccomandazioni hanno partecipato in prima persona anche i ragazzi con talassemia dove ognuno ha portato il proprio contributo in base anche alla propria esperienza lavorativa ed ai rapporti sociali che ha sperimentato nel corso della propria attività familiare e sociale”.
Il supporto psico-sociale, nella talassemia come nelle altre malattie croniche, costituisce un’area della medicina nella quale non sono molto numerosi studi formali tali da fornire indicazioni “basate sulla medicina dell’evidenza”.
Questa situazione è determinata, in parte, dai diversi fattori ambientali (situazione organizzativa, culturale, situazione economica) che interagiscono nella strategia d’intervento.

INTRODUZIONE

I progressi terapeutici conseguiti negli ultimi 30 anni hanno determinato importanti miglioramenti nello stato di salute, nella durata e nella qualità di vita dei soggetti con talassemia, così che oggi tale malattia può essere considerata a “prognosi aperta” e proiettata verso la guarigione, se la terapia “convenzionale” (trasfusioni periodiche di globuli rossi, terapia ferrochelante) viene effettuata in modo ottimale fin dai primi anni di vita. A questo si può aggiungere che il trapianto di cellule staminali ha permesso di ottenere la “guarigione” in oltre l’85% dei soggetti con donatore familiare HLA compatibile.
Risultati promettenti sono stati ottenuti anche con donatori compatibili non familiari, individuati dalla Banca Donatori di Midollo Osseo.
Importanti progressi sono, inoltre, stati conseguiti negli ultimi anni nella ricerca sulla terapia genica anche se dovranno essere confermati da “trials clinici” di fase I sull’uomo.
Tale miglioramento si potrebbe ulteriormente esplicitare anche attraverso un cambiamento del lessico per cui, in queste raccomandazioni, ci riferiamo a “soggetti con talassemia” e non più a “pazienti talassemici” o “talassemici”.
Alla luce di queste considerazioni assume sempre maggiore importanza il concetto di “assistenza globale” (olistica) rivolta ai “soggetti con talassemia”, assistenza intesa come terapia medica e intervento psicologico, sociale ed educativo, avente come obiettivo principale la migliore qualità di vita e l’inserimento nella vita sociale al più alto livello possibile.

STRUTTURA DEI SERVIZI MEDICI STRATEGIE DI INTERVENTO

Il supporto psico-sociale è una parte essenziale del trattamento globale dei soggetti con talassemia. La responsabilità del trattamento complessivo deve essere riposta in modo chiaro in una equipe multidisciplinare coordinata da un medico responsabile che rimanga sempre lo stesso il più a lungo possibile per assicurare la continuità delle cure.

BAMBINO ED ADOLESCENTE

I bambini con talassemia crescono in continuo contatto con le cure mediche. Questo confronto con le difficoltà derivate dalla patologia cronica offre loro la possibilità, se sostenuti adeguatamente dalla famiglia, dalla scuola e dall’equipe curante, di esprimere, crescendo, una spiccata voglia di vivere in modo normale ed una naturale capacità di fronteggiare la malattia, quindi di sviluppare un positivo comportamento adattivo.
I soggetti con talassemia dovrebbero essere periodicamente aggiornati sui progressi che la ricerca scientifica ottiene, così da diventare “esperti” del loro problema e, quindi, consapevoli dell’importanza della terapia e della sua adeguata applicazione.
Essi devono essere, inoltre, coscienti del fatto che le complicanze, che possono comparire nel corso degli anni, non necessariamente rappresentano un aggravamento della diagnosi.

SCUOLA APPRENDIMENTO

L’integrazione dl bambino a scuola costituisce un momento fondamentale per il suo sviluppo spicologico e sociale. Scopo ultimo è l’evoluzione del bambino in un adulto che partecipi a pieno titolo alla vita sociale.
Qualora insorgano problemi nella classe, può essere utile che il medico si renda disponibile a contattare la scuola, previa autorizzazione del soggetto interessato e/ dei genitori.

ADULTO CON TALASSEMIA
Lavoro

Al fine di facilitare l’integrazione nella società, tutti coloro che si occupano sul piano medico, educativo e psicologico dei soggetti con talassemia devono preoccuparsi di prepararli promuovendone l’indipendenza.
Le associazioni attraverso contatti con esperti potrebbero rendere disponibili informazioni relative alle prospettive di lavoro ai soggetti con talassemia.
È consigliabile ricorrere ai sussidi assistenziali soltanto quando veramente necessario.

Interventi di tutela sociale

Tali tipi di intervento, benché importanti in quanto possono rimuovere quelle condizioni di tipo economico ed organizzativo che possono costituire un ostacolo, non devono mai essere considerati sostitutivi dell’attività lavorativa e della possibilità di sviluppo delle capacità lavorative.
Va, quindi, evitato che tali provvedimenti assumano un carattere di iperprotezione e di discriminazione sociale con possibilità di ostacolare il soggetto con talassemia a considerarsi (e ad essere considerato) una persona che, seppur con problemi, è in grado di avere una vita personale e sociale del tutto normale.

Coppie

Alle nuove coppie, alle coppie a rischio o alle coppie con diagnosi prenatale di feto con talassemia e alle coppie con adulti con talassemia, è opportuno che vengano date informazioni corrette ed obiettive sia circa la patologia “talassemia” che sulla prognosi e qualità della vita, anche con l’aiuto del “paziente esperto”, affinché possano scegliere secondo coscienza ed in piena autonomia in merito alla procreazione.

17 APRILE 2007 GIORNATA MONDIALE DELL’EMOFILIA

Se oggi in Italia le cure disponibili sono in grado di contrastare efficacemente i sintomi della malattia (non ancora di curarla) ciò che pesa di più sulla vita degli emofilici e delle loro famiglie è la mancanza di un’informazione sia pur minima nella popolazione generale.
Così per non incorrere nelle difficoltà di spiegare una patologia complessa, nei timori (ingiustificati) di chi scambia la trasmissione genetica con il contagio, nella diffidenza di chi emargina per ignoranza, molti emofilici, soprattutto i giovani e le famiglie dei più piccoli, vivono la propria condizione nel segreto con tutto il rischio di stress che ciò produce in momenti delicati dell’esistenza di un individuo quali l’ingresso nel mondo della scuola, del lavoro, la sfera delle amicizie e i rapporti sentimentali.
Ecco quindi che domenica 15 aprile le strutture di volontariato che si occupano di emofilia nel nostro paese, la Federazione delle Associazioni Emofilici e la Fondazione Paracelso, allestiranno banchetti nelle piazze italiane dove, con l’aiuto di un semplice quiz realizzato con una schedina “gratta e gioca”, si avrò l’occasione di imparare qualcosa di più su questa malattia che colpisce circa 7000 nostri cittadini; i più bravi riceveranno un piccolo gadget in ricordo della giornata.
Ma che cosa ne è dei circa 600.000 emofilici che si calcola vivano in tutto il mondo, compresi i paesi in via di sviluppo, dove i farmaci (costosissimi) non sono disponibili?
Secondo i dati della World Federation of Hemophilia, organismo sovranazionale riconosciuto dall’OMS, moltissimi non sono ancora stati diagnosticati e di quelli che lo sono il 75% non riceve cure sufficienti o non ne riceve affatto.
Per questo la Fondazione Paracelso ha intrapreso un programma di aiuti internazionali.
La triste realtà è che nel sud del mondo gli emofilici devono ancora lottare per la sopravvivenza.
Alla stampa e ai mass media in generale chiediamo il loro determinante contributo per creare consapevolezza su questa malattia che per essere curata ha bisogno di farmaci ma anche d’informazione.

LE CIFRE
in Italia 7000 pazienti affetti da emofilia e sindromi affini. Costo medio annuo dei farmaci necessari a un emofilico italiano: 120.000 euro. Nel mondo 600.000 emofilici stimati.
Si calcola che il 90% dei prodotti per la cura dell’emofilia siano utilizzati da Europa e Nord America. Il resto del mondo ne consuma il rimanente 10%.
L’emofilia colpisce una persona ogni 10.000 e ha la medesima diffusione in tutti i Paesi.

 

Abbiamo incontrato in un viaggio a Pechino un emofilico cinese il quale ci ha raccontato la sua esperienza e poi lo abbiamo invitato alla nostra vacanza

UN EMOFILICO CINESE PARLA DELLA SUA ESPERIENZA

Il mio nome è Ge Meng, un emofilico che vive a Beijing, capitale della Cina. 

Il 3 febbraio 2007 ho partecipato ad un’assemblea di emofilici, in occasione del nuovo anno nell’Istituto di ricerca dell’Ospedale del Popolo di Beijing. Sono intervenuti circa settanta emofilici e vi hanno partecipato anche alcuni familiari.
All’assemblea hanno avuto modo di parlare medici famosi provenienti da alcuni dei più prestigiosi ospedali della Cina. Chu Yuguang, presidente dell’Hemophilia Home of Cina, è intervenuto focalizzando il suo discorso sulla situazione degli emofilici in Beijing e sul lavoro svolto dall’Hemophilia Home of China nell’anno trascorso.
Guan Tao, il Segretario Generale dell’Hemophilia Home in Cina, ci ha dato una dimostrazione di autoinfusione. È stata anche invitata a fare un discorso appassionato da cui sono scaturite domande e risposte, un’ospite speciale, Serena, dell’Associazione Emofilici e Talassemici “Vincenzo Russo Serdoz” di Ravenna.
Ci ha fatto conoscere la situazione degli emofilici in Italia e la storia di suo fratello, il fondatore della stessa associazione.
Durante l’assemblea, con l’aiuto di medici specialisti, infermieri e volontari, io, così come tutti gli emofilici presenti, abbiamo ricevuto analisi del sangue gratuite, i cui dati ottenuti saranno usati per fare le prime carte di diagnosi per noi.
L’atmosfera durante il dibattito è stata calda, gioiosa ed io ne sono stato felice.
Sono nato nel 1980, sembravo un bimbo in salute, alla nascita, ma all’età di nove mesi, cominciarono ad apparire emorragie sottocutanee, poi emorragie ai legamenti e ai muscoli.
A causa della scarsa conoscenza diagnostica dell’emofilia dei medici dove ero nato, la mia malattia fu diagnosticata solo nel 1986, quando mi recai al Beijing Children’s Hospital. Ricevevo trattamenti ridotti, anche dopo essere venuto a conoscenza di cosa fosse la mia malattia, in quanto era estremamente difficile procurarsi fattore VIII e il suo prezzo era cosi elevato che per la mia famiglia era pressoché impossibile sostenerlo.
In seguito a questo fatto, il mio stato di salute peggiorava continuamente man mano che crescevo e ho dovuto abbandonare la scuola all’età di appena otto anni perché camminare era diventato un grande problema e definitivamente smisi di farlo nel 1996.
Il cattivo stato di salute non fece diminuire in me il desiderio di diventare una persona che potesse dare un contributo alla società.
Dopo anni di sforzi, ora sono in grado di fare lavori di traduzione. Sapevo dell’esistenza dell’Hemophilia Home of China e li ho contattati nel 2002.
Sin dalla sua fondazione, nel settembre del 2000, l’associazione ha fatto molto per gli emofilici cinesi, ha tentato di fare il massimo per ricercare maggiori benefici per noi. Sono stati progettati un sito web dell’emofilia, un forum e una chat room.
Sono stati raccolti ed elaborati dati sull’emofilia su internet così che possa essere facilmente trovato da qualsiasi paziente emofilico.
Per esempio, io stesso ho imparato ad iniettarmi il Fattore VIII da solo, quando l’emorragia lo richiedesse grazie all’informazione fornita dal sito web dell’Hemophilia Home of China, che si è dimostrato essere molto importante nell’accrescimento della mia qualità di vita.
Regolari incontri come quello sopra menzionato, si tengono spesso in Cina e sono anche occasioni molto importanti di insegnamento per la cura e pubblicità dell’emofilia.
L’Hemophilia Home of China è riuscita ad ottenere donazioni di fattore da varie fonti fuori e all’interno della Cina, per distribuirle a quegli emofilici che ne avessero bisogno. Lo scorso settembre, mi ha colpito una grave emorragia localizzata nel muscolo della mia coscia, così grave che non si è fermata nemmeno dopo l’uso di tutto il fattore che avevo accumulato in casa.
In seguito all’aiuto chiesto dall’associazione, mi hanno fatto una donazione di 4000 UI, che ha bloccato l’emorragia. Sono molto riconoscente per il lavoro fruttuoso operato dall’associazione.
Per varie ragioni c’è ancora una lunga strada da percorrere.
Per molti emofilici cinesi, il costo del fattore VIII e IX necessario per tenersi in vita è tutt’ora un pesante fardello che non può essere sopportato. Ma credo che con il sostegno della stessa associazione e di tutti gli emofilici cinesi, come pure con l’aiuto dei nostri amici in tutto il mondo, il nostro futuro andrà sempre meglio.

Ge Meng


I RAGAZZI E GE MENG RACCONTANO LA VACANZA 2007

(Per coloro che volessero leggere tutto lo speciale vacanza rimandiamo alla voce “Storia/vacanza”)

 Dal 21 giugno al 1° luglio sono stato invitato a visitare l’Italia per prendere parte ad un campo estivo organizzato dall’Associazione Emofilici e Talassemici “Vincenzo Russo Serdoz” di Ravenna. 

Ho incontrato e fatto amicizia con persone molto amichevoli e ospitali, fatto esperienza di cose che non avrei mai sognato di fare e visto come l’attività è stata organizzata e condotta.
Per un cinese emofilico come me, tormentato per anni da frequenti emorragie e che ha speso molto tempo degli ultimi dieci anni in un letto o nella sedia a rotelle, il campo è stato come un sogno andato oltre ogni mia migliore immaginazione.
Durante la settimana, mi è stato fornito il fattore concentrato, fatto un esame del sangue e liberato da emorragie e sofferenze.
Ho tentato di nuotare, avuto interessanti discussioni e riunioni con gli altri membri del campo, ho goduto della bellezza del mare, di emozionanti giochi e visto il magnifico spettacolo dei delfini.
Il momento più eccitante è stato per me quando ho provato a nuotare in piscina.
In Cina le emorragie e la scarsità di trattamento mi hanno allontanato da qualunque tipo di sport; per questo sono stato così sorpreso quando Brunello e Gabriele mi hanno detto che Roberto, l’insegnante di ginnastica, aveva preparato per me un salvagente e avrebbe voluto insegnarmi a nuotare. Col sostegno del salvagente e l’aiuto dell’istruttore, ho sperimentato che nuotare non era una cosa così difficile come immaginavo.
Roberto mi ha insegnato i movimenti giusti di braccia e gambe e Serena, Isabella, Alessandro e Gabriele, traducevano per aiutarmi a capire meglio.
Per me nuotare non è stato solo una nuova avventura, ma soprattutto un buon esercizio per i miei muscoli.
Due giorni dopo ho provato un’avventura ancora più grande.
Siamo andati al mare e io ho nuotato dentro il mare! Ho sentito le onde ed ero eccitato e stimolato. Per più di dieci anni ho camminato solo nei miei sogni, ma in quel giorno ho provato a camminare nell’acqua! Ho anche assaggiato il sapore del mare, non è gustoso, ma mi è piaciuta la sensazione!
L’altra cosa importante che mi ha dato gioia è stata avere ingranato con gli altri ragazzi e aver fatto amicizia con molti di loro. Tutti mi sono parsi in salute e felici e ho notato la loro giovinezza e vigore.
Quasi tutti hanno un forte spirito di gruppo, soprattutto i più grandi che non hanno mai esitato nel dare una mano per aiutare gli altri e li ho visti come un ponte tra gli organizzatori e i ragazzi più piccoli.
Abbiamo discusso, scambiato le nostre esperienze e giocato insieme.
Nelle serate successive abbiamo avuto modo di parlare di molte cose della nostra vita, delle abitudini alimentari, dello stile di vita, delle nostre passioni, della musica e anche del calcio, dicendo loro della mia gioia di averli incontrati e di aver provato nuove esperienze.
Non potrò mai dimenticare gli amici di questo campo, Enrico, Daniele, Bruno, Elia, Thomas, Abel e…Emanuele…
Sono stato colpito anche dal lavoro dell’organizzazione e invitato a prendere parte ad alcuni incontri. Sono veramente grato ad ognuno dell’organizzazione per quanto hanno fatto per me.
Serena per il suo entusiasmo che ha reso possibile il mio viaggio in Italia. Antonino che mi ha aiutato nella mia infusione e mi ha detto molte cose sull’emofilia. Brunello che è venuto a prendermi e mi ha riaccompagnato all’aeroporto.
Gabriele che mi ha detto molte cose della Federazione Italiana dell’Emofilia e che mi è stato di molto aiuto durante le escursioni.
Alessandro che mi ha sempre incoraggiato quando parlava con me.
Roberto che ha speso tanto tempo per insegnarmi a nuotare.
Francesca Ferrante che mi ha insegnato quali esercizi fare per le mie gambe.
E poi… Rocco, Isabella, Claudia, Renata, Chiara e Francesca Ceci.
Ringrazio tutti.
Il campo estivo sarà per sempre nella mia memoria.
Stando con loro ho imparato un approccio più ottimistico verso la vita e le conoscenze acquisite da questa esperienza potranno anche essere utili in Cina, nel futuro.
I miei dieci giorni di vacanza italiana sono diventati una parte importante e piacevole della mia vita, mai dimenticherò la gioia e l’eccitazione di questa esperienza e la fiducia acquisita nel campo mi accompagneranno per il resto della mia vita!

 

L’editoriale di maggio ha ricalcato il tema del filo conduttore della nostra informazione per il 2007 che ci ha visti sempre in prima fila alla ricerca di una informazione corretta e puntuale.

SIAMO SEMPRE AL SERVIZIO DEI LETTORI…“NEI PALAZZI”, NELLA RICERCA, CON IL VOLONTARIATO

Ogni volta che mi accingo a completare questo giornale, raccogliendo tutte le notizie, quelle mediche “comprensibili” o quelle sociali, e sottopongo il contenuto a coloro che collaborano con me, ci troviamo di fronte a scelte che, ogni volta, ci sembrano non giuste o almeno, troppo orientate da una parte soltanto.
Spesso sono costretto a scegliere fra le immagini di copertina, che poi caratterizzano il contenuto del giornale nella sua linea principale e trovo che gli argomenti sono ripetitivi perché gli argomenti che ci riguardano, ossessivamente, vorrei non doverli trattare.
I richiami, a volte polemici, soprattutto delle famiglie che vorrebbero notizie anche mediche di facile lettura, ci dimostrano poi, una volta di più, quanto sia cresciuto il livello culturale e partecipativo e questo va senz’altro a merito dei medici e non solo delle associazioni (dove esistono e lavorano).
Poi, però, il telefono o i messaggi email, mi riportano alla realtà, che continua ad essere per un grande numero di lettori, quella legata alle cause, ai risarcimenti, agli indennizzi.
Un desiderio di giustizia, uguale per tutti coloro che sono stati infettati negli anni ’80.
Noi ci siamo dati una connotazione, fin da quando siamo usciti con il primo numero nel lontano 1974, “al servizio” di coloro che soffrono di determinate malattie e, soprattutto, non hanno sufficienti informazioni, sia dalle loro associazioni ma, soprattutto dalle istituzioni, quindi dobbiamo essere attenti a quanto ci chiedono.
C’è un argomento in particolare che riguarda, come dicevo, ancora le cause e gli indennizzi, diventato un tormentone ripetitivo fino all’ossessione, nel quale di inseriscono elementi che vanno dal desiderio (sacrosanto) di giustizia, passando per la non conoscenza dei problemi reali.
Per finire, purtroppo, con chi tenta di “cavalcare” questa tigre per proprio tornaconto, giocando sulla debolezza delle persone che chiedono giustizia.
Anche questo numero quindi, pur partendo con quello che dovete considerare come uno “sfogo” del Direttore, sarà al servizio di tutti, iniziando proprio dalle ultime notizie che riguardano gli incontri per tentare di risolvere questa annosa questione dei risarcimenti.

Questo numero poi non è tutto qui.
C’è la parte medica, rivolta ai più giovani per quanto riguarda gli emofilici, con un’intervista sulla profilassi.
Per la talassemia c’è una relazione sull’attività del prof. Rivella sulla terapia genica ed un intervento dello stesso Rivella sull’accumulo di ferro nell’organismo.
Voglio concludere con una nota di particolare soddisfazione documentando la nascita di una nuova “voce” nel mondo del volontariato ed è “EPACnews” dell’Associazione EPAC. Questo dimostra ancora una volta la vitalità del nostro mondo.
La determinazione delle persone che si impegnano affinché si abbiano più informazioni soprattutto quelle di natura sociale e scientifica, con un linguaggio chiaro e comprensibile.
Ivan Gardini, il Direttore della rivista, dice: “una parola detta fuori posto può turbare, cambiare il corso della vita, spazzare l’armonia di una famiglia.
Occorre buon senso, una grande preparazione scientifica, pazienza e disponibilità”. Ecco, appunto: “pazienza e disponibilità” condite con una buona dose di determinazione. Soltanto così si possono superare gli ostacoli che inevitabilmente la vita di tutti i giorni ci pone di fronte.
La profilassi per gli emofilici è una realtà che ha permesso di migliorare ancora di più le condizioni di vita, soprattutto dei giovani, per questo non potevamo esimerci dal porre alcune domande alla dottoressa Elena Santagostino.

LA PROFILASSI PRIMARIA NELL’EMOFILIA

L’argomento della profilassi nell’emofilia è più che mai d’attualità.
Abbiamo trovato, nel sito della SISET, n. 4 del 1998, sotto il titolo: “Attualità nell’emofilia”, una relazione della dott.ssa Elena Santagostino del Centro “Bianchi-Bonomi” di Milano, dal titolo: “Profilassi primaria nell’età pediatrica”.
È certamente una relazione un po’ datata, ma ci dà lo spunto per cercare di affrontare con lei l’argomento attraverso un’intervista per cercare di capire qual è la situazione attuale.

Dottoressa, le pongo tre domande in una: il significato esatto di profilassi primaria; se in Italia viene eseguita alla lettera; il significato di durata indefinita.
“In Italia, così come in altri paesi europei, non tutti i bambini con emofilia grave iniziano entro i due anni.
A questo punto poi devo precisare che un adulto o un bambino non sempre hanno episodi come descritti nei manuali medici.
Ci sono bambini con emofilia grave che il primo emartro lo manifestano a tre anni e quindi cerchiamo di adottare una terapia “personalizzata”.
Ci sono poi emofilici che hanno scarsa tendenza emorragica anche in totale assenza di fattore nel sangue. Si limitano ad ecchimosi, lividi, emorragie dei tessuti molli o conseguenti a traumi.
C’è in Europa, ancora discussione tra noi medici. Un tempo si diceva di praticare le infusioni di profilassi tre volte a settimana per l’emofilia A e due volte per l’emofilia B.
Ora ci sono studi ed esperienze con schemi di dosaggio individualizzati e spesso meno impegnativi. E poi, consideriamo che per iniziare la profilassi in un bambino piccolo si devono addestrare i genitori all’infusione perché il problema primario è l’accesso venoso.
Si stanno studiando regimi di profilassi alternativi che prevedono ad esempio un trattamento a settimana per alcune settimane per dar modo di addestrare i genitori ed abituare il bambino al trattamento. Si passerà poi gradualmente a due e poi a tre volte a settimana.
Per profilassi indefinita si intende, in sostanza, per tutta la vita. Anche qui però non sappiamo, alle conoscenze e con l’esperienza attuale, se sarà realmente così. Certamente va fatta fino alla completa maturazione e crescita dell’apparato osteo-articolare e muscolare e cioè fino all’età adulta.
C’è in questo una componente importante data dall’attività fisica alla quale l’adulto si sottopone”.

Oggi siete in possesso di dati che confrontano i regimi di trattamento profilattico?
“Fortunatamente sì. È stato fatto uno studio negli Stati Uniti, non ancora pubblicato, che prevedeva il confronto fra bambini con inizio precoce di profilassi primaria e bambini in trattamento a domanda, però intensivo che prevedeva tre infusioni.
Si dimostra qui inequivocabilmente che la profilassi permette di prevenire e attenuare lo sviluppo dell’artropatia.
I bambini sono poi stati valutati con risonanza magnetica per vedere l’eventuale danno articolare. Da questa valutazione sono scaturite osservazioni molto interessanti e nuove. Infatti, si sono notati in alcuni minimi segni di danno pur in assenza di emartri clinicamente manifesti.
Sono eccezioni, ma questo ci dice che può esserci un’emorragia sub-clinica, quella cioè di cui nessuno si accorge, né medici, né genitori.
Se questo è vero può non bastare la valutazione di frequenza degli emartri per stabilire lo schema terapeutico individuale. Queste osservazioni ci suggeriscono che ci sono altri fattori individuali che determinano il sorgere dell’artropatia, come una predisposizione individuale a svilupparla. Una volta compresi tali meccanismi e fattori predisponenti sarà possibile un vero approccio terapeutico personalizzato”.
Per noi medici, avere a disposizione uno studio che dimostra come la profilassi sia in grado di migliorare la situazione articolare e soprattutto, prevenire il danno, è un argomento importantissimo per “giustificare” il costo.
Possiamo dimostrare che curare un’artropatia, una volta sviluppata inevitabilmente, è più costoso, in termini di fattore usato, in chirurgia ortopedica e, soprattutto, in termini di vita sociale e professionale dell’emofilico. Inoltre, quando parliamo di approccio individualizzato, anche questo consente una riduzione in costi della cura”.

La profilassi precoce può creare problemi pratici legati alla reperibilità di un adeguato accesso venoso (parliamo sempre di bambini molto piccoli).
Difficoltà spesso superata con un paziente addestramento dei genitori all’infusione o, in assenza di vene periferiche accessibili, mediante posizionamento di catetere venoso centrale sottocutaneo. E poi il rischio di sviluppo di inibitore.
Lei diceva che i dati allora disponibili non supportavano l’ipotesi che la profilassi potesse associarsi ad un aumentato rischio di inibitore. Al contrario, allora di discuteva, se il regolare trattamento profilattico potesse facilitare l’induzione della tolleranza, particolarmente in caso di comparsa di inibitore a basso titolo.
In quell’articolo si ricordava inoltre che la comparsa di inibitore avviene abitualmente entro le prime 50 esposizioni al fattore e pertanto si riteneva possibile che la profilassi precoce potesse indurre più precocemente lo sviluppo di inibitore nei bambini predisposti a questa complicanza.
“Molti Centri europei tendono ad evitare i cateteri e modificano il regime di profilassi pur di non usarli, perché le vene periferiche sono la via migliore, come ho già detto, però ciò richiede un addestramento dei genitori che non può essere immediato.
Per quanto riguarda poi i bambini con inibitore ciò che penso ora è molto diverso da ciò che scrivevo a fine anni ’90.
Ragionavamo sul fatto che iniziando presto la profilassi, si esponeva velocemente e precocemente il bambino alle prime 20-30 infusioni che usualmente inducono inibitore in chi è predisposto.
Quindi non si pensava ad un rischio aumentato ma ad una comparsa più precoce della complicanza. In dieci anni abbiamo impiegato diffusamente la profilassi primaria al nostro centro per cui abbiamo avuto modo di verificare sul campo che cosa succedeva ai bambini che iniziavano precocemente la profilassi.
Da questo punto di vista non solo abbiamo verificato che iniziare presto la profilassi non aumenta il rischio, ma anzi, il rischio d’inibitore si riduce.
Inizialmente la scoperta ha fatto scalpore ma ha poi incoraggiato l’uso della profilassi primaria. Ci siamo resi conto che fare la profilassi significa esporre l’organismo regolarmente al fattore due/tre volte la settimana e questo tipo di trattamento somiglia molto a quello che facciamo ai bambini con inibitore per eradicarlo, cioè ai protocolli di immunotolleranza.
La somministrazione regolare e mantenuta nel tempo del fattore consente di “abituare” il sistema immunitario alla proteina, prima riconosciuta come estranea dall’organismo dell’emofilico grave.
Iniziare precocemente la profilassi può quindi essere un modo “dolce” di abituare l’organismo al fattore. Questo non significa che chi fa profilassi sia immune alla comparsa dell’inibitore.
Ci sono casi, anche se in numero minore, dove anche in profilassi compare l’inibitore.
Spesso però, se compare è a basso titolo e spesso può scomparire proseguendo il trattamento”.

Il Centro Emofilia “Angelo Bianchi Bonomi” di Milano ha in programma di promuovere uno studio clinico volto ad accertare se vi siano differenze nell’insorgenza di inibitori fra i pazienti trattati con prodotti plasmaderivati contenenti fattore di von Willebrand rispetto a quanti fanno uso di ricombinati (che non lo contengono).
Lo studio prevede l’arruolamento internazionale di bambini emofilici mai trattati, categoria per la quale le linee guida dell’AICE indica i ricombinanti come trattamento di elezione.
Può darci qualche notizia in merito?
“In questi quindici anni in cui usiamo i prodotti ricombinanti nei bambini emofilici, la nostra attenzione verso il problema dell’inibitore è stata massima ed oggi, quello dell’inibitore è diventato il principale problema da affrontare, forse l’unico, considerando che il rischio infettivo è stato sostanzialmente annullato. Non dobbiamo dimenticare che oltre il 30% degli emofilici A gravi sviluppa inibitore in età infantile.
Capire se ci sono prodotti che limitano questo rischio è quindi cruciale e per questo ci stiamo impegnando a realizzare questo studio coinvolgendo molti paesi europei ed extra-europei.
I Comitati Etici vagliano tutte le procedure legate alla sperimentazione stessa, con una particolare attenzione rivolta al Consento informato.
L’unico ed importante scopo di questo studio è quello di produrre dati affidabili che contribuiscano a chiarire i dubbi oggi esistenti riguardo alle possibili differenze nel rischio di inibitore che si associa all’uso di diversi prodotti.
Per quanto riguarda le linee guida AICE, queste sono tutt’ora valide in quanto la sicurezza dei prodotti ricombinanti è indubbia e dal punto di vista del rischio di inibitore non abbiamo a oggi evidenze nette per preferire un tipo di prodotto rispetto ad un altro; su questa base i prodotti ricombinanti sono raccomandati per il trattamento, in particolare dei bambini.
Le linee guida servono appunto a guidare la nostra pratica clinica sulla base di quanto già sappiamo, mentre le sperimentazioni servono a produrre nuove evidenze che non possono essere evinte dalla pratica clinica ma che sono essenziali per il progresso medico. Tali evidenze vengono ottenute in condizioni di sicurezza per i partecipanti grazie al controllo esercitato su tutte le fasi della sperimentazione da parte dei vari organismi a questo preposti.
È proprio grazie ai dati forniti da sperimentazioni così condotte che è stato possibile redigere le linee guida attuali ed io spero che ulteriori progressi nello studio dell’emofilia possano portarci a terapie sempre migliori e a linee guida sempre più aggiornate e moderne”.

“EPAC” – LA NASCITA DI UN GIORNALE

Quando nasce un nuovo giornale, soprattutto nel mondo del volontariato, è sempre motivo di grande entusiasmo.
Ci rivediamo noi stessi quando, nel 1974, uscivamo con il nostro primo numero. Noi però eravamo timorosi, senza esperienza, anche se con tanta voglia e determinazione.
Questo dell’Associazione EpaC esce dopo che si è consolidata una voce attraverso un sito internet ed una credibilità in tutti gli ambienti non solo associativi ma anche medici.

ECCO COME SI PRESENTANO:
“Cosa facciamo di così tanto prezioso? Semplicemente: diamo risposte.
Significa comunicare, spiegare e intrattenersi. Spendere tempo.
Ascoltare e dare risposte appropriate ha un valore sempre più alto in questa società. L’epatite C, in Italia, è la patologia che sta causando il più alto numero di decessi tra le malattie infettive trasmissibili.
Paradossalmente, gode di pochissima attenzione da parte delle Istituzioni, purtroppo anche da parte del Ministero.
Da sempre.
L’Associazione è stata costruita e viene gestita interamente da pazienti e sono state definite regole precise per impedire conflitti di interesse, ingerenze, o altri condizionamenti esterni.
Abbiamo sempre dato precedenza alla qualità piuttosto che alla quantità. Il tempo e la professionalità messe a disposizione gratuitamente da tanti uomini e donne hanno dato vita ad un servizio informativo unico nel suo genere, attivo tutti i giorni, per chiunque, e per la maggior parte autofinanziato dagli stessi malati.
Le Associazioni serie col tempo crescono e conquistano spazi e consensi; purtroppo, anche se la partecipazione viene spesso invocata e richiesta, altrettanto spesso viene vissuta come “invasione di campo” e presunta “perdita di poteri” da chi è abituato a gestire senza intrusione la cosa pubblica.
Così troppo spesso non piace l’idea che i pazienti siano in grado di organizzarsi così bene da gestire la malattia divulgando informazioni appropriate, velocemente ed a costi decisamente contenuti né si apprezza positivamente che le Associazioni (che rappresentano i malati) mettano il becco sulle questioni di sanità pubblica, aldilà dei proclami roboanti nei quali viene affermato che i cittadini sono coinvolti nei processi decisionali; restano purtroppo quasi sempre esternazioni elettorali.
Siamo davvero orgogliosi dei traguardi raggiunti: due sedi, una a Roma ed una a Milano, un sito internet sempre aggiornato, strumenti informativi per tutte le necessità, medici e consulenti disponibili a fornire indicazioni utili, per vivere più a lungo e anche meglio.
Non è poco in questi tempi di vacche magre”.
Non potevamo, come ogni anno, esimerci dall’informare i nostri lettori sulle cause e sugli indennizzi. Questa volta anche attraverso le parole del nostro avvocato Marco Calandrino.

ASCRIVIBILITA’ TABELLARE “EX LEGGE 210/92”

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro che, con la recentissima sentenza n. 10214, depositata il 4 maggio, ha stabilito che negare il diritto all’indennizzo a chi sia “solo” HCV positivo – ma non con epatopatia attiva – contrasterebbe con gli obiettivi “solidaristici” che la stessa normativa si era prefissata e che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha precisato.
Ha concluso la Corte affermando che “la lettura costituzionalmente orientata della normativa di tutela, nel senso che l’indennizzo, pur non comparabile con il risarcimento del danno, è dovuto in tutti i casi di lesione permanente dell’integrità psico-fisica, cioè alla salute come tale, indipendentemente dall’incidenza sulla capacità di produzione di reddito, conduce a ritenere sussistente il diritto a percepirlo del soggetto affetto da contagio HCV (sicuramente danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi funzionali attuali, dovendosi intendere il richiamo alla tabella A annessa al D.P.R. n.834 del 1981 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati alla liquidazione”.
E ancora: “la doverosa interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa conduce a ritenere che il danno alla salute – e non già l’incapacità lavorativa generica – rappresenta l’unità di misura che deve potere essere applicata al fine del riconoscimento dell’indennizzo”.
Ciò significa che la giurisprudenza di legittimità ha finalmente chiarito – a beneficio, si spera, di giudici e consulenti tecnici troppo spesso di limitate vedute – che anche la mera positività al virus rappresenta di per sé un danno meritevole di essere indennizzato.
Da parte nostra rimane la consapevolezza che le numerose sentenze favorevoli silenziosamente ottenute negli anni scorsi in favore dei danneggiati con quadri clinici sovrapponibili a quello preso in esame dalla Cassazione – sentenze poi non impugnate dall’Amministrazione – non potevano rappresentare un caso fortuito, ma anticipavano quello che poi, più autorevolmente, i giudici romani hanno ribadito.

Caso di soggetto giudicato non ascrivibile che non abbia proposto alcun ricorso gerarchico.
In questa prima ipotesi è opportuno che il soggetto proponga immediatamente ricorso gerarchico e ciò anche qualora il termine di 30 giorni al quale fa riferimento l’art. 5 della Legge 210/92 sia spirato.
Infatti, contrariamente a quanto immotivatamente affermato dall’Amministrazione, il termine di 30 giorni non è espressamente stabilito dal legislatore a pena di decadenza sicché l’unico termine relativamente dirimente è quello della prescrizione decennale.
Per quanto si dirà in seguito il ricorso il ricorso gerarchico è da considerare soltanto una tappa di un percorso più articolato.

Caso di soggetto giudicato non ascrivibile che abbia proposto ricorso gerarchico, ancora non deciso dal Ministero.
In questa seconda ipotesi è bene che l’interessato rompa gli indugi ed agisca giudizialmente innanzi al Tribunale del Lavoro del luogo di resistenza senza attendere la decisione del Ministero sul ricorso presentato in via amministrativa.
L’esperienza di centinaia di casi ci ha purtroppo insegnato che assai raramente l’Ufficio Medico Legale ministeriale modifica in senso favorevole al danneggiato il giudizio sulla menomazione dell’integrità psico-fisica espresso dalle Commissioni medico-ospedaliere di cui all’art. 4 della legge 210/92.

Caso di soggetto non ascrivibile anche all’esito della decisione del Ministero della Salute sul ricorso gerarchico.
In questa terza ipotesi l’unica strada è quella dell’azione giudiziaria, ancora una volta da proporre innanzi al Tribunale del Lavoro competente per territorio.
A giudizio di chi scrive – ma anche di autorevole giurisprudenza di merito – il termine annuale entro il quale agire in giudizio (anch’esso stabilito dalla legge 210/92) non può essere considerato (al pari di quello di trenta giorni entro cui presentare ricorso gerarchico) come previsto a pena di decadenza giacché se il legislatore lo avesse così voluto intendere, lo avrebbe detto espressamente.
È semmai da tenere presente, ancora una volta, il termine prescrizionale decennale.
In ciascuna delle tre ipotesi sopra illustrate sarà senz’altro utile esibire a giudici e consulenti (auspicabilmente competenti in materia e non specializzati solo in infortunistica stradale) l’ormai nota sentenza e, in caso di esito favorevole, si potrà verosimilmente ottenere il riconoscimento del diritto all’indennizzo con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della originaria domanda amministrativa.
Anche per questo non ci sentiamo francamente di condividere l’orientamento, suggerito da altri, i quali invitano a presentare la domanda di aggravamento all’ente competente.
Nel caso che occupa, infatti, non è configurabile alcun aggravamento (si tratta soltanto di proporre a chi deve giudicare un diverso criterio valutativo della menomazione dell’integrità psico-fisica già valutata) e, soprattutto, affidarsi all’aggravamento significherebbe automaticamente perdere gli arretrati decorrenti dalla domanda originaria, considerato che l’eventuale accoglimento della domanda di aggravamento farebbe maturare il diritto all’indennizzo soltanto a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla presentazione di tale domanda.

TAVOLO UNICO FRA EMOFILICI E TALASSEMICI

Nell’ambito degli incontri programmati dal Ministero della Salute, si è svolto il 13 luglio, l’incontro congiunto fra i rappresentanti dei talassemici e degli emofilici con il prof. Antonio Gaglione, presenti anche due funzionari ministeriali.
Il prof. Gaglione, ha ribadito l’impegno suo e del Ministro Turco, di dare, prioritariamente, accoglimento alle richieste dei talassemici e di quella parte di emofilici rimasti esclusi dalle transazioni precedenti.
Il Sottosegretario è stato molto esplicito, indicando tre priorità:

  1. la richiesta al Ministero dell’Economia dello stanziamento di un miliardo di euro da impiegare per le transazioni a favore dei talassemici;
  2. lo stanziamento di 84 milioni di euro per il previsto adeguamento dell’indennizzo;
  3. la disponibilità di altri 200 milioni di euro da destinare agli emofilici rimasti esclusi dalle transazioni precedenti.

INTERVISTA ALL’AVVOCATO MARCO CALANDRINO

“Disposizioni a favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni infetti”.
Dopo vari passaggi alla Camera del Senato, possiamo dire che sono previste coperture finanziarie per gli anni 2007 con uno stanziamento di 150 milioni di euro; per il 2008 con uno stanziamento di 180 milioni (quest’ultimo ancora da approvare ed emendare definitivamente).
Sono compresi tutti coloro che hanno una causa in corso e che abbiano subito infezioni: emofilici, talassemici e politrasfusi occasionali.
Per essere tempestivi ed aggiornati abbiamo deciso di istituire una sorta di filo diretto affidato all’avvocato Marco Calandrino di Bologna che coinvolgiamo subito attraverso un’intervista.

Lei è uno di quei giovani avvocati che si sono inseriti in questo contesto da alcuni anni, ed ha avuto già modo di “toccare” concretamente la materia delle cause, sia relative al risarcimento danni, sia all’indennizzo, conseguenti all’infezioni contratte da trasfusioni di sangue e da emoderivati infetti.
Ci può fare una panoramica della situazione a Bologna in base alla sua esperienza?
“Iniziai a collaborare con la Federazione delle Associazioni Emofiliche dell’Emilia Romagna a fine 1998. Nei primi anni seguii singole persone, soprattutto in relazione ai procedimenti amministrativi riguardanti la legge 210/92.
Vorrei ricordare un risultato importante che insieme raggiungemmo nel 1999: era da poco stato emanato il provvedimento del Ministero della Sanità del 7 agosto 1998 (G.U. 13.10.1998) che, alla nota 71, ricomprendeva i preparati ricombinanti non emoderivati, e ne autorizzava la commercializzazione, previa individuazione da parte delle regioni dei centri che avrebbero potuto prescriverli.
Si apriva una “nuova frontiera” più sicura. Le regioni però tergiversavano.
Fu così che inviammo alla Regione Emilia-Romagna delle diffide, dapprima “amministrative” (in base alla legge 241/1990) e poi formulate in base al codice penale.
Fu un’iniziativa “forte”, ma che ritenevamo legittima e giusta: l’Assessore alla Sanità regionale con nota del 12 marzo 1999 inviata a tutti i Direttori Generali delle Aziende Sanitarie procedette all’individuazione dei citati centri, e ciò
 – scrisse – “per fornire risposta ad una esigenza espressa dalle Associazioni Emofiliche, anche attraverso la richiesta avanzata tramite lo Studio Calandrino”.
A fine 2003 iniziammo le cause contro il Ministero della Salute per chiedere il risarcimento danni per coloro che, avendo contratto epatite e/o Hiv da emoderivati infetti, e non avendo fino ad allora intrapreso la via giudiziale, erano rimasti esclusi dalla transazione del 2003: ad oggi abbiamo pendenti avanti il Tribunale e la Corte d’Appello di Bologna diverse cause riguardanti venti persone.
Le cause 
– dicevo – a Bologna sono tutte pendenti, ma posso dire che l’ostacolo maggiore che incontriamo riguarda la prescrizione del diritto al risarcimento: il Tribunale di Bologna è orientato a considerarla quinquennale e con decorrenza dal giorno di presentazione della domanda per l’indennizzo ex lege 210/92, orientamento questo che esclude una parte di danneggiati. Inoltre le perizie disposte dai giudici (ctu) si sono fin qui dimostrate interlocutorie, per non dire “pilatesche”, rispetto al tema della responsabilità del Ministero della Salute, contenendo elementi e affermazioni di segno diverso.
Più che in un favorevole esito giudiziale, abbiamo sempre confidato in una transazione”.

Attualmente chi vuole avere gli arretrati per la rivalutazione dell’indennizzo deve fare una causa?
“Da luglio 2006 abbiamo intrapreso avanti al Tribunale di Bologna, sezione Lavoro, una trentina di cause contro il Ministero della Salute per ottenere la rivalutazione dell’indennizzo delle legge 210/92: qui le cose vanno molto meglio, in quanto nelle 9 sentenze finora pronunciate i diversi giudici hanno sempre condannato il Ministero a corrispondere gli “arretrati” (la mancata rivalutazione per il progresso) e la futura rivalutazione.
Purtroppo il Ministero finora non ha spontaneamente provveduto a pagare, per cui – temo – si renderà necessaria una fase esecutiva.
Certo che sarebbe nell’interesse anche del Ministero della Salute ottemperare alle sentenze, e negli altri casi riconoscere spontaneamente la rivalutazione: eviterebbe infatti l’aggravio delle spese legali”.

Che cosa ne pensa dell’art. 33 del decreto legge, come modificato e convertito in legge dal Parlamento il 18 novembre 2007?
“È un primo significativo risultato: erano ormai quattro anni che aspettavamo questo momento.
Certo, non dobbiamo farci troppe illusioni: l’art.33 presenta aspetti che andranno chiariti, altri contraddittori, altri ancora censurabili. Però è pur sempre un punto di partenza: decisivo sarà il futuro decreto del Ministero della Salute, che dovrà stabilire i criteri di accesso alle transazioni, pur seguendo le indicazioni già previste nell’art.33. Preoccupano le previsioni sui tempi e sulla reale copertura finanziaria.
Paradossalmente un elemento di giustizia ed equità, cioè l’inclusione di tutti i danneggiati (per esempio anche gli emotrasfusi occasionali e i danneggiati da vaccinazioni obbligatorie), renderà ancora più complicata la “fase attuativa”, in quanto ha allargato la “platea” dei risarcibili in maniera ampia”.

 

ULTIME DAL PARLAMENTO SULLE TRANSAZIONI

L’art.33 di cui parla Marco Calandrino lo riproponiamo.
Disposizioni a favore dei soggetti danneggiati in ambito sanitario.

1) Per la transazione da stipulare con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o da anemie ereditarie, emofilici ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusioni con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che hanno instaurato azioni di risarcimento danni tutt’ora pendenti, è autorizzata la spesa di 180 milioni di euro per l’anno 2008.

2)Con decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sono fissati i criteri in base ai quali sono definite, nell’ambito di un piano pluriennale, le transazioni di cui al comma 1 e, comunque, nell’ambito della predetta autorizzazione, in analogia e coerenza con i criteri transattivi già fissati per i soggetti emofilici dal decreto del Ministero della salute 3 novembre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2003, sulla base delle conclusioni rassegnate dal gruppo tecnico istituito con decreto del Ministro della salute in data 13 marzo 2002, con priorità, a parità di gravità dell’infermità, per i soggetti in condizioni di disagio economico accertate mediante l’utilizzo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni.

3) Agli oneri di cui al comma 1 si provvede mediante incremento, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, delle aliquote di base di cui all’articolo 5 della legge 7 marzo 1985, n. 76, per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 

LA NOSTRA AGENDA PER IL 2008 NEL RACCONTO DEL NOSTRO DIRETTORE

Cari amici, sono trentaquattro anni che ininterrottamente vi parlo attraverso queste pagine.
Per i primi vent’anni ho letto anch’io gli scritti ed ascoltato le parole di Vincenzo, cercando di afferrarne il significato, cercando di seguire il suo esempio, vivendo insieme a lui le gioie e le sofferenze che periodicamente la vita ci presentava. Quest’anno, concedendomi una pausa dagli avvenimenti più importanti, ho pensato di lanciare anch’io un messaggio particolare, per ricordare le nostre origini, d’accordo con la redazione, per rivivere una data particolare, questa però racchiusa soltanto nei nostri cuori.
In prima pagina vedete riprodotta la copertina della “nostra” agenda per il 2008. La offriamo, a chi volesse farne richiesta, riproponendo la nostra “finestra” su un paesaggio ravennate.
Perché Ravenna e perché un’agenda, vi chiederete. Intanto perché questa città e questi luoghi ci ricordano sempre la nostra avventura iniziata appunto nel 1974. Ogni luogo ci evoca ricordi, situazioni, emozioni, amici.
E poi, per una volta, permetterci di offrirvi le nostre bellezze naturali e artistiche, condite con il nostro entusiasmo che in tanti anni non si è certo affievolito. Incastonati in questi 366 giorni (il 2008 è un anno bisestile) ci sono piccoli gioielli che lo scatto di un amico fotografo ha affermato per noi.
Le stagioni, i monumenti, il mare, le pinete, i fiori, gli insetti, gli uccelli. Potremo emozionarci insieme ammirando un prato fiorito di papaveri rossi o seguendo un volo di uccelli in una rossa alba in mezzo alle saline; una fila ininterrotta di ombrelloni nelle nostre larghe spiagge e poi, annotare a fianco di ogni giorno gli impegni del lavoro quotidiano.
Ecco, appunto… anche il “mio” lavoro che consiste nel parlare con voi, nell’ascoltare le vostre richieste o partecipare ai vostri incontri.
Vorrei che fosse un segno tangibile e continuo della nostra presenza al vostro fianco. E proprio mentre scrivo queste note ricevo un messaggio che dice tra l’altro: “…ringrazio l’associazione di Ravenna e la redazione di EX per tutto ciò che avete fatto e fate per noi.
Se non fosse per voi non avrei punti di riferimento (a parte i miei genitori)…
Ogni volta che leggo EX spero sempre di trovare buone notizie e so che se ci saranno novità voi sarete i primi a comunicarcele”.
Forse non siamo proprio così presenti e purtroppo, in tanti anni, siamo stati costretti a dare anche brutte notizie.
Ma la speranza e la voglia di combattere non sono mai mancate, questo sì.
Questa agenda potrà essere anche un modo per ricordarci di un impegno che ci siamo assunti nel mondo del volontariato, anche con le sue contraddizioni, ma sempre e comunque, soltanto con l’obiettivo di essere utili, di non farvi sentire soli, di non sentirci soli anche noi, quando gli avvenimenti tristi e ingiusti, e questo ultimo anno purtroppo ne ha proposti, ci fanno dubitare delle nostre motivazioni, della nostra volontà di batterci, di raccontarci, di stare uniti e vicini.
Certo uniti, come affermava spesso Vincenzo, perché: “…siamo angeli con un’ala soltanto e possiamo volare soltanto se stiamo abbracciati”.