storia
1984: VOLONTARIATO E INFORMAZIONE

Il 1984 si apre con un richiamo all’impegno nel volontariato, a dare qualcosa di noi stessi, attraverso la semplice volontà, seguendo anche l’esempio di chi già lo fa. Infatti la nuova testata e la nuova grafica non denotano tanto una volontà di cambiare.
La professionalità ci ha imposto una maggiore chiarezza e l’esperienza acquisita anno dopo anno ci ha permesso di migliorare anche la grafica, ma soprattutto il richiamo a poter contare ogni giorno di più su chi volesse fornire la propria collaborazione.
Il primo editoriale si apre proprio con questo richiamo:
Questo numero di gennaio si apre con uno dei problemi più importanti e scottanti, quello del sangue. Dalla Toscana il nostro corrispondente prende spunto da un convegno svoltosi a Firenze su: “La donazione del sangue” per sensibilizzare alla donazione tutti gli strati sociali e le forze armate. L’articolo di un capitano medico ci dà la misura dell’ampiezza e della complessità del problema carente come sempre a livello legislativo.
Dal presidente dell’Associazione di Ravenna abbiamo un intervento sulla plasmaferesi in chiave polemica con chi non è favorevole a questo tipo di donazione. Le sue esperienze e quelle di altri dimostrano quanto siano inesatte le affermazioni dei detrattori di questo gesto che conserva in sé il più alto indice di senso civico.
Ancora in questo numero torniamo sul problema dell’assistenza ai thalassemici in Sicilia con una serie di lettere che potrebbero essere risolutive al fine di un tentativo di riconciliare le parti anche il Centro di Agrigento.
Ecco una panoramica degli argomenti più importanti su cui si basa questo numero che è, non dimentichiamolo, il primo dell’undicesimo anno e precede il “numero speciale” in ricordo di questi 10 anni.
Il titolo del primo articolo di fondo di allora era: “perché EX”, che voleva dire dare testimonianza di un possibile futuro, fare partecipi gli emofilici prima, tutti gli emopatici poi, di una realtà che iniziava timidamente a prospettarsi: renderci simili agli altri, con gli altri; abolire barriere fisiche, psichiche ed incomprensioni.
Oggi quel fondo, mai dimenticato né rinnegato, vuol dire testimoniare ai cosiddetti “sani” della nostra realtà che tickets, silenzi su intenti ed impegni, accentramenti sconcertanti, adagiamenti per pochi su conquiste che debbono essere patrimonio di tutti, non riusciranno mai a farci tacere.

Le lettere, sempre numerose, ci richiamano a trattare anche altre patologie e noi continuiamo a parlare di leucemia, di donazione del sangue come impegno civico allargato anche ai giovani in servizio di leva.

Nel numero di febbraio la talassemia ci porta in Sicilia per scoprire il Centro di Agrigento, tutte le carenze e i possibili miglioramenti, con un intervento del medico e del responsabile associativo.

In conclusione un altro viaggio, questa volta al Centro Emofilia dell’ospedale di Careggi a Firenze. In considerazione del fatto che in questi anni il giornale esce di otto pagine, gli argomenti devono essere in qualche modo centellinati. In questo modo, di nuovo, nella rubrica medica un’altra puntata sulla leucemia.
Poi notizie dalle associazioni, in questo caso l’assemblea di una delle associazioni di emofilici più attive del territorio nazionale, quella di Trento.

In questo periodo c’è un intervento importante da parte di molti parlamentari che iniziano a prendere posizione a favore della nostra iniziativa contro i ticket per le prestazioni diagnostiche strumentali e di laboratorio per i cittadini colpiti da malattie irreversibili.
Riceviamo lettere dai partiti di tutto l’arco costituzionale e le pubblichiamo a pagina cinque, in cui si presentano emendamenti contro questo iniquo decreto.

Un’altra nostra iniziativa contro i tagli alle pensioni d’invalidità ha un altrettanto massiccio riscontro da parte di tutte le forze politiche e alla documentazione viene dato ampio spazio alla pagina sei.
Anche il richiamo di marzo lo dedichiamo all’informazione e prendiamo spunto da una giornata di lavoro tipo della redazione. L’editoriale (o meglio un suo riassunto) esprime al meglio tutto il significato del nostro lavoro anche dal titolo.

 

LA CORRETTA INFORMAZIONE

Al di là degli articoli che questo numero di marzo contiene, di varia natura ed interesse, ci preme sottolineare tre punti importanti che evidenziano altrettanti argomenti, non nuovi, certo, per il nostro foglio e che riproponiamo periodicamente, ma ogni volta sotto sfaccettature diverse, per non venire meno a quello che consideriamo il nostro dovere, la corretta informazione: l’AIDS; il problema del sangue; la sensibilizzazione sulle malattie e quindi il rifiuto dell’ignoranza.

Dell’AIDS, ancora inserito nella rubrica medica, ne parlano due medici dell’Istituto Gaslini di Genova da una relazione tenuta in occasione dell’assemblea degli emofilici liguri.

Della plasmaferesi, che stiamo trattando quasi ad ogni numero con l’intento di sfatare certi luoghi comuni; dalla sensibilizzazione della gente ed è un argomento per il quale da anni ci battiamo e che significa conoscenza, partecipazione, affrancazione dal “pendolarismo della salute”. Obiettivi illustrati dal presidente dell’.A.S.L.T.I. Di Palermo, sigla che significa Associazione per la Lotta contro le Leucemie ed i Tumori dell’Infanzia.

Questa di Palermo, e ci piace sottolinearlo, non è la prima Associazione, ma una delle tante che in questi ultimi tempi battono la strada della sensibilizzazione pubblica e cercano di imporre il diritto alla vita ed alla gestione della malattia con medici specialisti in loco, cercando di creare strutture che permettano a tutti di potersi curare nelle proprie città e regioni.

Ecco quindi perché parliamo di partecipazione attiva, ecco perché la nostra voce cerchiamo di portarla sia negli angoli più sperduti che allo stesso Parlamento; oseremmo dire in tutto il mondo perché anche al Congresso della Fondazione Mondiale dell’Emofilia, tanto per fare un esempio, che quest’anno si svolgerà in Brasile e di cui iniziamo a parlare in questo numero, si tratterà di questi problemi che sono uguali per tutti, sotto tutte le latitudini.

Spesso ci vengono mosse critiche di lasciarci andare al sentimento troppo retorico dimenticando che il mestiere di giornalista a volte richiede toni distaccati e poco passionali, ma noi preferiamo seguire il cuore, battendoci per la conoscenza e la verità, contro l’ambiguità, vogliamo lavorare al fianco di Associazioni come quella di Palermo, una delle ultime nate in ordine di tempo, perché è lì che ritroviamo la nostra vera identità, la nostra sete di giustizia, di parità che chiediamo in coro a questa società.
Riguardo a questa nuova sigla che rappresenta il terrore dopo gli anni della speranza, come sempre senza nasconderci dietro a qualche remora inutile, abbiamo riportato il testo di una relazione tenuta dal dott. Molinari del Gaslini di Genova a un incontro con gli emofilici.

Il tema della conferenza era A.I.D.S. – Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita
Una malattia relativamente nuova e poco conosciuta della quale però si è parlato e si parla molto, talvolta purtroppo in termini allarmistici.

Le persone colpite presentano peculiari alterazioni delle cellule del sistema immunitario (i globuli bianchi) per cui sono vittime di ogni tipo d’infezione; persino microorganismi normalmente ospiti del corpo umano, a causa dell’indebolimento del sistema che li tiene sotto controllo, possono riprodursi indisturbati ed essere a loro volta causa di malattie, talvolta con esito infausto.
Recentemente a Bologna ricercatori europei e statunitensi si sono incontrati per un reciproco scambio di informazioni, per fare il punto sulle ricerche e discutere nuovi protocolli di vigilanza sulla malattia che sembra espandersi come una vera epidemia.

Il primo caso è stato descritto negli USA nella seconda metà del 1979; il paziente affetto era omosessuale.
Da allora le segnalazioni si sono moltiplicate enormemente raddoppiando ogni 8 mesi circa e le categorie più colpite sono state individuate. Attualmente casi di AIDS sono descritti in 33 Stati degli USA e in altri 13 Paesi. In Europa sarebbero circa 250.
Dal momento però che non esiste sinora la possibilità di una diagnosi certa (è meglio infatti parlare di “casi sospetti” per la presenza di alterazioni ricorrenti in questi malati), il numero delle segnalazioni che arrivano quasi quotidianamente potrebbe essere sfoltito.

Tra le categorie a rischio sono compresi anche gli emofilici con poco meno dell’1%. La loro esposizione al contagio sarebbe condizionata dalla pratica di terapia sostitutiva con concentrati industriali del fattore loro carente provenienti da larghi pool di donatori.

LA RICERCA DELLE CAUSE

La causa, o le cause, di questa malattia è ancora l’obiettivo di accanite ricerche; inizialmente in seguito all’alta incidenza riscontrata tra gli omosessuali l’attenzione viene rivolta ad alcune sostanze (come il nitrato d’amile) inalate a scopi afrodisiaci e che in vitro hanno dimostrato proprietà immunosoppressive.
La tendenza attuale è di ricercare un agente trasmissibile per via ematica, un virus o un microorganismo simile. Diversi virus già noti sono stati via via incriminati a causa dei notevoli livelli di anticorpi diretti contro di essi riscontrati nel sangue dei malati di AIDS: il virus EB (responsabile tra l’altro della mononucleosi infettiva), il citomegalovirus (che causa alcune malattie infantili), e tra le ipotesi più recenti il virus HTLV che nel sud-est asiatico è responsabile di un particolare tipo di leucemia.

Clinicamente i malati giungono in osservazione a causa di infezioni inusuali in soggetti con normali difese immunitarie, associate a notevole tumefazione di tutti i linfonodi; spesso presentano diminuzione dei globuli bianchi.

L’incubazione – afferma il dott. Molinari – risulta compresa tra gli 8 mesi e i 2 anni ed è stata accantonata l’ipotesi che l’AIDS possa essere trasmessa col vaccino anti epatite B che è sempre più usato.
Il difetto immunitario accertato consiste nella diminuzione relativa di un particolare tipo di globuli bianchi, i linfociti T Helper il cui compito è di indurre altri linfociti alla produzione di anticorpi o all’immunità cellulare. Su queste basi, attraverso particolari e costosi metodi di studio delle sottopopolazioni linfocitarie (gli anticorpi monoclonali), le ricerche procedono anche nel nostro Paese dove in molti centri attrezzati, come pure presso il nostro laboratorio di immunologia, si stanno controllando i soggetti più esposti.

Anche al XVI congresso della Federazione Mondiale se ne parla e il nostro giornale riporta l’intervento di Frank Schnabel nel quale afferma tra l’altro:
Le sessioni scientifiche si rivolgeranno a campi critici, bioingegneria, AIDS e fattori attivati VIII e XI. Le conoscenze odierne su tali vitali argomenti saranno discusse. Ed il rapporto produttore-consumatore significa angoscia o tranquillità, pena o sollievo, capacità o incapacità, vita o morte.
Al di là della paura c’è già quasi una consapevolezza di trovarsi di fronte a qualcosa di molto serio e pericoloso. I fatti ci daranno la misura di tutta la tragedia.

Noi comunque nel mese di aprile registriamo con l’editoriale una vittoria agli appelli reiterati per l’eliminazione del ticket sulle prestazioni diagnostiche. Nella Gazzetta Ufficiale viene pubblicato il Decreto 10 febbraio 1984 che individua i soggetti esentati e fra questi c’erano emofilia ed emoglobinopatie.

A pagina tre si parla del Centro di Careggi nel quale si discute della plasmaferesi da donatore, della selezione dei donatori, dell’entità dei prelievi, criteri di guida e quantità massima di plasma da raccogliere singolarmente.
Si parla di donazioni sicure, quasi un paradosso in considerazione delle notizie che arrivano dagli Stati Uniti sui contagi. Ma è soltanto un argomento rimandato perché quello della plasmaferesi è una vera conquista.

In Emilia Romagna intanto nasce la Federazione delle Associazioni emofiliche, oncologiche e talassemiche, iniziativa voluta e portata a compimento dal nostro direttore Vincenzo Russo Serdoz. Alle pagine quattro e cinque un lungo servizio sulle iniziative intraprese dalle associazioni illustrate nel corso di un incontro svolto a Ferrara.
A pagina sette un servizio della dott.ssa Di Palma sul congresso di Roma nel quale si era parlato di talassemia, di trasfusioni di sangue e del progetto guarigione. Queste le parole del servizio:

Per la prima volta si è sentito parlare di un “progetto di guarigione per la talassemia”, segno che i tecnici sono molto più ottimisti che in passato rispetto alla prognosi della malattia. Nessuna novità direttamente applicativa sulle epatopatie, però Cao ha presentato interessanti dati sperimentali sull’analisi del DNA applicato alle infezioni epatiche, che aggiungono qualche nuovo elemento all’ancora troppo poco conosciuto problema dell’interessamento epatico nel talassemico. È stato ancora discusso il problema dei “neociti”, riproposto da Propper secondo una nuova metodica. Le perplessità che la trasfusione con globuli rossi giovani suscita sono ancora notevoli a causa delle difficoltà di reperire il sangue e del rischio più alto di contrarre l’epatite virale, almeno in alcune regioni. Importanti dati sullo sviluppo puberale sono stati presentati dalla dottoressa Wonke di Londra, che ha dimostrato come l’associazione di una corretta terapia trasfusionale e chelante più idonea terapia ormonale abbia determinato in alcuni pazienti talassemici uno sviluppo puberale completo. Solo marginalmente si è parlato di trapianto di midollo. I dati sono sperimentali e ancora contraddittori, pertanto non potevano costituire un elemento di confronto in un congresso basato sull’approccio pratico e concreto della malattia.

L’articolo spalla di prima pagina del mese di maggio, a firma del direttore, riassume il contenuto del giornale stesso con un titolo che mette ancor di più in risalto un tema specifico: I medici parlano dei grandi temi d’attualità – L’esempio dell’Emilia.

Ancora d’attualità i grandi temi che hanno fatto scalpore in questi ultimi tempi; l’AIDS (in proposito, un convegno a Cagliari con tutti i maggiori scienziati in campo mondiale) ed il trapianto di midollo (un primo articolo firmato da tre medici). Nuove preoccupazioni e nuove frontiere; obiettivi verso i quali il nostro giornale non può e non deve tacere; migliaia di bambini, adulti aspettano, sperano, combattono giorno per giorno.

Dobbiamo anche cercare, per quanto può valere la nostra voce, di smorzare notizie esaltanti su prodotti “miracolosi”, sbandierati dai quotidiani ed in alcuni casi anche dalla radio nazionale, che in realtà tali non sono.

In questo numero trattiamo la chirurgia adenotonsillare nei pazienti emofilici che ha fatto passi da gigante con l’ausilio di un prodotto che abbiamo avuto occasione di presentare varie volte e cioè il Tissucol o “colla di fibrina umana”.

Nel solito notiziario sull’attività della Federazione Emiliano-Romagnola si inserisce una notizia importantissima; in Sicilia si sta costituendo una Federazione simile che comprenderà anch’essa emofilici, talassemici ed oncologici. La Sicilia sta veramente uscendo all’avanguardia per vitalità ed iniziative.

Basterebbero questi pochi argomenti a fare anche di questo numero un’altra tappa importante, ma vogliamo ricordare che parliamo ancora di plasmaferesi, di congressi con le relazioni da quello di Roma e di vacanze in Romagna con nuove iniziative per tutti coloro che intendono venire nella riviera adriatica.

Vogliamo mettere in risalto ancora una volta quanto sia importante che i medici scrivano, come stanno facendo per il nostro giornale; è una dimostrazione di fiducia reciproca e di partecipazione sempre più attiva che dovrà per forza sortire ottimi risultati.

Questi medici sono il prof. Paolucci, i dottori Masera, Vullo, Rebulla e Dominuco.

A giugno partiamo con un editoriale del nostro direttore responsabile che tratta un argomento per noi fondamentale: la libertà. Quella, per intenderci, di prendere decisioni importanti da contrapporre a chi cerca di limitarla, soprattutto perché abitano nella nostra stessa casa.

Il significato vero di questo editoriale si potrà leggere in seguito.

La libertà che abbiamo conquistato

Il mese di maggio, non ancora conclusosi, ci ha visti partecipi direttamente o indirettamente a diversi convegni; diversi per le patologie trattate ma, per noi, eguali per le implicazioni sociali che potrebbero scaturire per le scelte implicite dovute ai temi discussi.

Abbiamo volutamente parlato dei problemi “sociali” e volutamente l’abbiamo detto fra virgolette in quanto, quello che apprendiamo dai nostri lettori, negli incontri, nei dialoghi, ci testimonia dell’importanza dell’aspetto sociale che non sempre a nostro modesto avviso viene tenuto nel giusto conto.

A Cagliari le Associazioni di Cagliari, Trento, Bari e Ravenna hanno avuto modo di confrontarsi ed anche di smussare pericolose polemiche che non certo risentivano “internamente” dei problemi sociali impliciti ma che derivavano da posizioni estreme mediche non serene e pacate.

A Modena abbiamo sentito preconizzare, come auspicabile, un ritorno indietro limitativo di libertà e obbligante a umilianti riferimenti ospedalieri giustificato dal fatto che si fanno guadagnare tanti soldi ai farmacisti privati, dimenticando volutamente gli sperperi ospedalieri di macchinari comprati e naturalmente inutilizzati “per mancanza di spazio”, di farmaci presi dimenticando in quel momento il parere dell’ammalato; di allegre gestioni amministrative, tutto questo, giustamente (sic!), è stato dimenticato.

Ci si è ricordati e si è voluto ricordare che la libertà di cui oggi godono gli emofilici e che si tramuta in presenze lavorative (con tanto di tasse pagate), di inserimento scolastico, di libertà di essere fra gli altri come gli altri, costa.

Allora ci siamo ricordati gli anni del pendolarismo verso gli ospedali attrezzati, di umilianti e dolorose attese, di dipendenze dagli umori di chi dovrebbe trattarci; ci siamo ricordati anche dei 20.000 flaconi, pardon, unità di sangue gettati via; ci siamo ricordati tutto questo e ci è venuto in mente quanto scrisse un poeta: “La tragedia della vita è ciò che muore dentro un uomo mentre egli è ancora vivo” e ci sovviene quando noi, più giovani e senza quegli emoderivati che oggi ci permettono di non avere le conseguenze invalidanti degli emartri, guardavamo “vivi” ma in un corpo fisicamente quasi morente, gli “altri” che giocavano, che ballavano, che amavano e che in fondo avevano tutto quello che a noi era negato.

Quanti di noi hanno masticato un pezzo di pane con timore dell’emorragia? Quanti di noi hanno aspettato l’alba sperando che con il giorno i dolori della notte potessero essere leniti se non altro per la distrazione dovuta ai rumori di chi inconsapevolmente ci aiutava a lottare, a sopportare meglio?

Quante sono state le corse notturne in ospedale per la trasfusione di sangue?

Quanti ancora oggi portano sul corpo le conseguenze di una incompleta e intempestiva assistenza?

Quanti ricordano il “momento” di sorpresa e poi di gioia nel vedere quel flacone così piccolo, così importante però, per le conseguenze che ha avuto per noi? Quanti ricordano cosa ha voluto dire fare l’autoinfusione, non correre più in ospedale, intervenire tempestivamente, bloccare rapidamente l’emorragia. Tutto questo noi non l’abbiamo dimenticato, non possiamo e non vogliamo dimenticarlo. Perché?

Perché ai tanti bimbi sia negato e questa volta in senso buono, di restare dietro ai vetri a vedere altri bimbi che giocano, che vivono fisicamente e psichicamente insieme; perché ai nostri figli sia data la possibilità di non perdere un giorno di scuola, di lavoro o l’appuntamento con la ragazza; e perché una volta grandi, di fronte ai propri figli possano essere esteriormente, fisicamente sani, evitando così ai bimbi il dolore di sapere che il proprio “babbo” non è sano.

Basterebbe solo questo a “giustificare” queste spese.

A seguire la rubrica che spiega la plasmaferesi da donatore. Inoltre, ancora il prof. Girolamo Sirchia parla dei test pre-trasfusionali per i talassemici.

L’editoriale di luglio, nel contesto di un messaggio più ampio, torna a parlare di chi cerca di metterci il “bavaglio”, interferendo anche con alcune associazioni che seguono la linea del nostro giornale.

Questo preludio è alla base della nascita dell’Associazione Italiana Emofilici sorta, non per contrapporsi alla Fondazione dell’Emofilia, riconosciuta come la rappresentanza ufficiale degli emofilici italiani, ma per tornare a credere in noi stessi, senza lasciarci travolgere dalla paura delle polemiche o da lotte di potere.

A pagina cinque illustriamo i motivi della nascita di questa associazione attraverso le parole di quello che diventerà il primo e unico presidente della sua breve storia, Angelo Pisanu.
È un messaggio forte rivolto soprattutto al pericolo, in quel momento reale, della mancanza di collegialità delle scelte politiche, cosa inconcepibile per associazioni di volontariato. La parola che usiamo di più è insieme.

In agosto e settembre è sempre in primo piano la parola libertà, poi la parola umiltà e anche obiettività.

Alla pagina tre di agosto, in un servizio sull’incontro organizzato a Vicenza sulle prospettive e i problemi dell’emofilia, un resoconto del giovanissimo dott. Giancarlo Castaman e un servizio sul convegno nazionale di Vibo Valentia, al cui interno viene inserita anche la lettera di Angelo Pisanu, presidente degli emofilici sardi, con cui spiega ulteriormente i motivi della costituzione dell’Associazione Emofilici Italiani.

Il dott. Pivi Alver, nostro inviato a Bologna, ci parla del trapianto di midollo allogenico in Italia.
In ottobre grande spazio ai messaggi dei lettori sempre molto numerosi su argomenti che vanno dalla splenectomia alle esperienze di vita di persone affette da talassemia con risposte dirette del nostro direttore medico prof. Calogero Vullo.

Ma la chiave di lettura di questo numero, come spesso accade, è l’editoriale che, rifacendosi ai precedenti numeri, termina con la parola insieme e parla di: esperienze e dialogo.

Non a caso, anche in questo numero, congressi e convegni occupano la maggior parte dello spazio e questo sempre per obbedire a quella continuità che ci siamo prefissi.

Significano conoscenza, notizie dirette dagli scienziati, contatti con altre persone, con realtà diverse; in una parola sola: esperienza.

I nostri spazi si ampliano sempre più. Una prima nota sul Congresso della Federazione Mondiale dell’Emofilia di Rio de Janeiro in attesa delle relazioni più specifiche che seguiranno nei prossimi numeri.

L’assemblea degli emofilici francesi con i quali abbiamo instaurato un rapporto che speriamo venga ampliato ulteriormente.

Inoltre, dal 5° Simposio sull’Anemia di Cooley svolto a New York, una relazione della dott.ssa di Palma, strettamente “tecnica”, a dimostrazione del serio impegno di collaborazione che i medici attuano attraverso il nostro giornale.

L’ultima pagina porta un messaggio conciliante affinché siano chiariti finalmente tanti equivoci, ma soprattutto perché prevalga quel sentimento che richiamiamo ancora una volta nell’articolo di fondo, l’amore verso gli altri e quindi la volontà di lavorare insieme, senza fare distinzioni di obiettivi o di malattia.

Non possiamo ignorare le voci che si levano da tante regioni italiane, voci che parlano di unità di intenti, di lavoro comune.

La sofferenza che vediamo ogni giorno impone alla nostra coscienza di uomini, di EX, inseriti in questa società, di non adagiarci o chiuderci egoisticamente sulle conquiste ottenute, ma di far sì che altri, tutti gli altri che lottano giorno per giorno per sopravvivere, abbiano un amico vicino, qualcuno che li sostenga e dia loro la forza per continuare a sperare.

È un compito duro e difficile e diventa anche doloroso quando siamo osteggiati da chi dovrebbe avere i nostri stessi obiettivi; eppure siamo pronti ad un dialogo costruttivo perché il nostro pensiero è sempre rivolto al bene di tutti.

Continuiamo a guardare tanti volti di bambini e di genitori e ci sembrano tanto lontani gli intrallazzi, le piccole lotte di potere, le calunnie.

Oggi, come undici anni fa quando abbiamo iniziato, i nostri obiettivi sono sempre gli stessi: in mezzo a tanti “piccoli uomini”, a tante miserie, abbiamo scelto le vie della vita, dell’amore, della speranza, della fiducia nel domani.

Tradire questi ideali significherebbe tradire noi stessi, ma soprattutto coloro che collaborano o che credono in quello che si è fatto o che stiamo facendo “insieme”.

Non abbiamo mai dimenticato in questi anni di trattare a “viso aperto” il problema AIDS e nel numero di novembre, uno dei nostri medici, il dott. Pivi ci parla dei casi segnalati in Italia.

I casi di AIDS segnalati in Italia

Riportiamo il testo e un breve sunto di una “lettera all’Editore”, pubblicata su “The Lancet” del 15 settembre 1984, relativa ai casi di AIDS segnalati in Italia da parte degli organismi sanitari predisposti a tale compito.

Al 31 luglio 1984 sono stati riportati 10 casi di AIDS e in due casi i pazienti sono deceduti. In tutti i nove casi relativi a pazienti di sesso maschile la probabile causa di infezione è stata identificata in rapporti sessuali contratti all’estero, mentre per l’unica donna, cittadina del Gabon, non è stato possibile stabilire il fattore di rischio, a parte il Paese di origine: sono stati infatti riportati casi di AIDS in cittadini del Gabon in altri Paesi europei.

Viene inoltre segnalato, ed il dato è molto importante, che in Italia non sono stati riscontrati casi di AIDS tra i pazienti sottoposti a trattamento con sangue e plasmaderivati, compresi gli emofilici.

Ciò significa che gli emoderivati utilizzati nel nostro Paese a tutt’oggi non costituiscono fattore di rischio per la trasmissione dell’AIDS e ridimensiona, di fatto, l’allarmismo diffuso tra i pazienti trattati con questi preparati.

Quanto riportato nell’articolo non fa altro che rispecchiare quanto fino ad ora si è sentito negli ultimi Congressi fatti in Italia, vedi quello internazionale di Cagliari e Milano; e quanto detto nel Convegno di Rio. Bisogna ribadire che fra gli emofilici italiani non si è verificato nessun caso di AIDS; anche se si tratta, come ben si sa, di una popolazione a rischio.

Come dato epidemiologico europeo l’incidenza dell’AIDS nella popolazione emofilica è di 1 su 9.000. Questo dato deve fare riflettere medici, ricercatori ed emofilici ad impegnarsi sempre di più per avere da una parte prodotti plasmaderivati sempre più adeguati alla necessità dell’utente, emofilico o no, dall’altra per una disponibilità per collaborare paritariamente con i medici nel tenere sotto controllo, mediante le opportune e necessarie indagini laboratoristiche questa temibile malattia.

Tenendo presente che la storia clinica e laboratoristica di popolazioni a rischio ha messo in evidenza alcune modificazioni suggestive per l’insorgenza dell’AIDS: un’anormalità del rapporto OKT4/OKT8, la comparsa dell’anticorpo contro un antigene del Rotavirus che ormai è stato identificato quale responsabile dell’AIDS.

Questo discorso vuol palesare il fatto che i rischi del non fare l’emoderivato, per paura di una probabile e discutibile AIDS, utilizzando gli emoderivati del commercio che sono attualmente reperibili in Italia, sono maggiori delle conseguenze certe di un emartro non opportunamente e adeguatamente trattato.

Dicembre è di solito mese di consuntivi e l’argomento dell’editoriale è:

Gli obiettivi sono sempre gli stessi.

…è necessario ripristinare quell’unità che la nostra causa richiede, senza alcuna remora, ma guardando e prefiggendoci l’obiettivo principale che è quello di veder crescere sempre bene tutti i nostri figli.
È il messaggio di uno di noi, del presidente di una Associazione, non ha importanza quale, se emofilica, talassemica o leucemica e significa “basta con le lotte di potere” ed è anche il nostro, quello che conclude un 1984 in cui è stato l’argomento più trattato anche se non il più importante.
Ripetiamo ancora una volta che tra di noi la lotta di potere è assurda, oseremmo dire criminale; l’esempio di come invece si può lavorare bene viene dalla Federazione Emiliano-Romagnola che sta concretizzando ogni giorno di più un serio lavoro di gruppo superando gli ostacoli della diversità delle tre emopatie. È un messaggio, il nostro, anche di speranza per i progressi che sono stati compiuti nel campo della medicina e mai come in questo momento gli scienziati hanno avuto il bisogno del nostro apporto, fianco a fianco, avanti insieme per quella strada che da anni stiamo battendo.
Vogliamo inoltre chiudere questo 1984 constatando segni di buona volontà da parte di coloro che in questi ultimi mesi avevano chiuso ad ogni possibilità di dialogo.
Siamo sempre disponibili ad un definitivo chiarimento e con l’intento e la ferma volontà di ricucire collaborazioni che sono state utilissime in passato e potranno sicuramente esserlo anche in futuro.
Vogliamo qui rivolgerci a tutti gli emofilici per ricordare che l’Associazione di Ravenna, proprietaria di EX, si è sempre riconosciuta in quell’organo superiore che è la Fondazione Nazionale dell’Emofilia ed intende ribadirlo ancora una volta a chiare lettere.
Nessuna contrapposizione e le divergenze di opinione non significano distacco; inoltre, quando c’è buona volontà ed onestà, ogni divergenza si risolve.
Non deve far paura a nessuno quel piedistallo sul quale siamo stati issati: non è fatto di sopraffazione, di potere o sudditanza; è fatto con pietre di materiali diversi ma vecchi come il mondo che si chiamavano speranza, fiducia, fede nel domani, onestà, amore.

Dalla Puglia, in occasione dell’Assemblea dell’Associazione per il Bambino Emopatico, ancora un invito a ripristinare l’unità delle associazioni sparse nel territorio nazionale.

Dalla Basilicata un messaggio dell’associazione nel quale si chiedono risposte concrete da parte delle autorità sanitarie, ed è proprio un medico che cura gli emofilici a chiederle, il dott. Carlo Vita.

Come sempre chiude l’ultimo numero del 1984 il nostro poeta Ugo Suman che nel frattempo è stato insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica per benemerenze culturali. Nostro poeta perché ha riservato per tanti anni i suoi scritti in esclusiva al nostro giornale.

Per ricordare poi i nostri primi dieci anni di vita, contemporaneamente con il numero di dicembre usciamo con uno speciale dedicato a dieci anni di testimonianze e, perché no, di conquiste.